recensioni dischi
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DIETER BOHLEN  "Dieter der film"
   (2006 )

La carriera di Dieter Bohlen, personaggio in Italia alquanto sconosciuto in proprio (molti lo ricorderanno, invece, come il biondino che stava dietro a quello che cantava nei Modern Talking), in Germania è ormai da un trentennio materia di studio, gossip, libri, autobiografie, programmi televisivi e quant'altro. D'altronde, parliamo di un soggetto che qualche copia l'ha venduta, tra opere sue e per altri artisti, e se a questo aggiungiamo carattere fumantino, vita sentimentale movimentata, e il recente sodalizio con la televisione tedesca (è da anni giudice di un talent show di successo), ecco spiegato il perchè del successo anche mediatico. Certo, ci sarebbe di che chiedersi il perché, dato che anche solo a ricordare "Modern Talking", ai passeggeri distratti, verrebbero in mente quelle due o tre canzoncine tutte uguali che anche in Italia fecero il boom a metà degli anni '80. Per chi non lo sapesse, il Nostro ha poi avuto un decennio all'interno della one man band Blue System, il ritorno nei MT a metà dei '90, e una sfilza di produzioni e di canzoni scritte per altri che forse nemmeno Mogol in Italia. Tutti brani rigorosamente uguali, riconoscibili dalle prime note, ma di successo, nel 1984 come nel 2000 e passa. Questa è la colonna sonora di un film uscito qualche anno fa con la biografia del Nostro, con un po' di brani inediti suoi, un inedito (!) dei Modern Talking per soddisfare lo strazio dei fans, lasciati soli quando nel 2003 il duo ri-divorziò, e tanto per ricordare da dove si arriva un po' di singoli di successo. Niente di particolarmente clamoroso, perché anche le orecchie degli appassionati alla fine possono avere problemi di glicemia e allentare il passo, ma a tutt'oggi è l'ultima uscita discografica con la propria voce (voce, vabbè, è un misto di falsetti e di tonalità basse) per chi, in precedenza, lavorava al ritmo di due album all'anno. Capire il perché del successo è un mistero, come detto: se lo scoprite venitemelo a dire, perché nella sindrome di Stoccolma c'è caduto, da un trentennio, anche lo scrivente. (Enrico Faggiano)