recensioni dischi
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MATTA-CLAST  "Rotte"
   (2014 )

E tra tante schifezze che si sentono in giro, ad un certo punto mi arriva sul pc questo bel nuovo lavoro del trio perugino Matta-Clast, attivo dal 2007 con, alle spalle, già diverse auto-produzioni tra e.p. e album, nel quale convergono non pochi spunti di riflessione e d’interesse. Il nome della band, anzitutto, che è preso in prestito dall’artista statunitense Gordon Matta-Clark (leggi “anarchitettura”, fratture all'interno di oggetti tridimensionali, riflessioni sul concetto di riempimento e di svuotamento dello spazio in architettura, performance ed installazioni al limite), mutuato in Matta-Clast, ovvero Matta + la ‘frammentazione’, la ‘distruzione’, quasi un manifesto degli intenti sonori dei tre che riescono a mescolare, con gran classe, analogico e digitale, ritmiche serrate e slanci chitarristici a tratti noise, con un bel po’ di post-rock nel quale trovo tracce dei migliori Fantomas e, per stessa ammissione dei Matta, di Nine Inch Nails e June 44. Si ravvedono nelle tracce echi cinedelici più o meno subconsci, dove i synth e gli overdub rivestono un loro peso artistico, rendendo il suono grezzo e al contempo ‘space’, con le voci filtrate che aggiungono senza distogliere l’ascoltatore dal flux musicale. Ed è proprio l’equilibrio, quasi alchemico, tra canzone e composizione più strettamente strumentale, il punto di forza dei Matta, capaci di interessanti paesaggi, e passaggi, sonori tra delay-riff di chitarra, cavalcate hypno-drums e slanci saturati. “Rotte”, questo il titolo dell’ e.p., si propone dunque come un immaginario viaggio che apre con “Nave”, un interessantissimo (e troppo corto!) instrumental-synth che lascia intravedere sviluppi futuri, per proseguire con altre quattro tracce, con “Sabbia” che stranisce, per certi versi schiaffeggia l’ascoltatore, con l’alternarsi di voce filtrata, quasi luciferina, e ritmica pulsante che apre improvvisa al ritornello, o “Catrame”, un altro instrumental con giochini elettronici e filtri sulla batteria, che non sfigurerebbe in qualche sonorizzazione, e le belle “Polvere” e “Acque nere”, più strettamente ancorate alla forma canzone, seppure con inflessioni quasi sub-pop e un gusto tutto Matta per editing e mix. Un lavoro interessante anche nella produzione, tutta a firma Matta-Clast, che dovrebbe far riflettere sul panorama musicale italiano alternative, a volte troppo pieno di posticci giochini strofa-ritornello e che invece nasconde, in un sottobosco ahimè poco esplorato, gemme di indubbio valore. (Davide Penta)