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GIORGIO GABER  "Io se fossi Dio"
   (1980 )

Nel 1980 Giorgio Gaber ritorna in tv dopo un'assenza di circa otto anni (SENZA RETE, TEATRO DIECI e IL BUONO E IL CATTIVO nel 1972) e lo fa con quattro puntate in onda sulla rete Uno in cui si produce in canzoni e monologhi. Il programma si intitola QUASI ALLEGRAMENTE, LA DOLCE ILLUSIONE: le puntate sono state registrate al Teatro Lirico di Milano tra maggio e giugno '80. Nel corso di queste due retrospettive (ognuna in due tempi e per questo montate in quattro puntate) il cantautore ha riproposto il meglio di quattro suoi precedenti spettacoli su testi di Giorgio Luporini e con la regia di Giorgio Battistoni. Gaber ha ripresentato un repertorio riveduto e corretto secondo un’angolazione differente che tenta di tener conto del variare degli umori e degli anni, anche rispetto agli accadimenti sociali occorsi negli ultimi anni in Italia. Se prima una cosa la si vedeva "X", ora la si vede "Y", etc. E quindi Solidarnosc, gli euro missili sovietici di Breznev, l’intervento russo in Afghanistan, Khomeini etc. Quindi una non riproposta degli spettacoli che dal 1975 al 1978 ha portato sui maggiori palcoscenici italiani. Da FAR FINTA DI ESSERE SANI (1975) a ANCHE PER OGGI NON SI VOLA (1976), da LIBERTA’ OBBLIGATORIA (1977) a POLLI D’ALLEVAMENTO (1978). Qualunque sia l’opinione politica di ognuno di noi non si può non riconoscere l’intelligenza assolutamente anticonformista di uno che la sua scelta politica l’ha fatta ma che non si preoccupa affatto di metterla in discussione qualora le cose non vadano come prospettate, anche a costo di scomuniche faziose ed ipocrite. Ammettere i propri dubbi e rimettere sempre tutto in discussione, scevri da qualsiasi ideologia militante, è cosa da persone coraggiose, specie in un mondo dello spettacolo dominato dai signorsì, dalle tessere politiche e dai portaborse. Il coraggio del dissenso è frutto di intelligenza acuta, di onestà intellettuale che sconfina quasi nell’ingenuità o nel masochismo. Ingenuità perché se si accusa apertamente una gloriosa macchina da guerra ormai sclerotica si passa immediatamente dalla parte del torto. Come nel 1975, quando l’accusare in teatro il PCI e l’extra sinistra di allora lo fece finire sulla lista nera. Si disse che Gaber era ormai un intellettuale in crisi mentre la crisi era negli intellettuali che non volevano vedere e ammettere le proprie ed altrui crisi. Le trattative per la trasmissione sono andate avanti per un bel po’. Gaber era convinto che per arrivare ad un certo tipo di pubblico bisognava 'bypassare' il piccolo schermo. I suoi estimatori non sono quelli che si mettono davanti alle televisione per il rito serale ma quelli che ritrovi giorno dopo giorno nei teatri. La voglia di teatro gli era venuta nel 1970 nella famosa tournèe con Mina la gente veniva soprattutto per ascoltare e vedere lei ma che però rideva e pensava con lui. L’orario scelto per la messa in onda sa un po’ di beffa: alle 22 e 30, in un periodo in cui la seconda serata era quasi una punizione e non una fascia oraria ambita. Vendetta tremenda vendetta! Ecco che esce anche un nuovo LP dal titolo PRESSIONE BASSA che celebra le esequie del ’68 e che racconta di un risveglio domenicale di un uomo che non ha assolutamente voglia di entrare nella ritualità del giorno di festa, dalla messa alle pastarelle domenicali e per questo avrebbe una gran voglia di rimettersi sotto le coperte. Ma la cosa che più fa parlare è la canzone scritta da Gaber e che nessuno vuole pubblicare perché dannatamente scomoda, IO SE FOSSI DIO. La canzone avrebbe dovuto far parte dell’album appena pubblicato ma la sua casa discografica non se l’è sentita. L’ha invece pubblicata una piccola casa discografica milanese, la Panarecord, che ha nel suo catalogo cantanti tranquillissimi come Peppino Di Capri o i Carmen & Thompson più un ampia gamma di dance proveniente dagli Stati Uniti. Sul retro non c’è niente perché non sarebbe stato possibile abbinare un brano simile ad un altro. 15 minuti di violente invettive sull’Italia odierna, che non risparmia colpi a destra e a sinistra. A tutti, tranne che al Papa (scherzosamente Gaber dirà che per il Papa ce n’è una dedicata solo a lui di altri 15 minuti). Con una musica che ricorda la messa in latino (Confiteor) in questi 15 minuti definiti nichilisti e pericolosi (proprio dallo stesso gruppo di ipocriti che si spellava le mani ad applaudirlo quando picchiava duro solo da una parte) se la prende con tutti. Con i terroristi che gli hanno tolto il gusto di incazzarsi per conto proprio ed aver ridotto i carabinieri a ruolo di martiri del popolo. Se la prende coi radicali furbi e bravi a cavalcare la tigre sempre pronti ai referendum anche per sapere dove possono pisciare i cani. Se la prende poi coi comunisti e con i socialisti, se la prende col sistema permissivo dell’educazione, con i giornalisti, maledice Russia ed America. Ma la cosa che più sgomenta è l’essere andato giù pesante con l’ormai defunto Aldo Moro dicendo che l’essere stato ucciso gli ha conferito l’aureola di statista illuminato mentre secondo lui, insieme a tutta la DC è stato responsabile di venti anni di cancrena della storia d’Italia e che, sfidando la galera, direbbe perfino che, seppur morto, Aldo Moro resta con la faccia che aveva. Ad ognuno la sua interpretazione. Questo solo se lui, naturalmente, fosse Dio. Continuando con l’ipotesi che se fossi Dio mi ritirerei in campagna così come ho fatto io. Che dire? Applausi, fischi o sgomento? (Christian Calabrese)