recensioni dischi
   torna all'elenco


CAN OF SOUL  "Hearreality"
   (2015 )

Di fatto opera solista di Tomas Toffolo, mestierante di lungo corso dalla prorompente vocalità e dai variegati trascorsi nel sottobosco delle cover-band in ambito metal, il progetto Can of Soul, con la determinante partecipazione di affermati musicisti del settore, vede il debutto di Tomrocker sulla lunga durata. I cinquantuno minuti di “Hearreality” - che è sì, va precisato, lavoro fortemente derivativo – sono a tal punto impregnati di influssi, rimandi, riferimenti e suggestioni da offrire, paradossalmente, motivi di interesse proprio in virtù della ostentata sovraesposizione che ne caratterizza le undici tracce. Disco rigonfio di spunti, traboccante di ritmo forsennato, belluina potenza ed improvvisa oscurità intimista, “Hearreality” sfoggia il proprio campionario materializzando un hellzapoppin capace di frullare schegge e detriti di mondi tra loro limitrofi: accenni doom sconfinano nel gotico, staffilate black nell’hard-rock, tentazioni progressive in divagazioni pop, ma senza forzature ne' costrizioni di sorta a rendere posticce le molte contaminazioni presenti. Si transita così con sorprendente fluidità e naturalezza dal metal anthemico di “We hate the sun”, tra Ministry e Jane’s Addiction, alle più cupe atmosfere di “This order #5”, in odore di Fields of the Nephilim, passando per lo speed di “Solid conviction” e per la bordata nerboruta di “Demon eater”, fucilata da Rammstein che deflagra in un chorus da Killers. Ma la saga non si esaurisce qui, in un gorgo inesauribile di caos gaudente: e se in “Dealing” i Led Zeppelin incontrano i Deep Purple, in “Beyond my wayward zen garden” l’ambientazione diviene fascinosamente psichedelica (sempre con Carl McCoy bene in mente), così come nella lunga ed elaborata “My queen” si assiste alla evocazione dei primi Mission o nel solo di chitarra di “Peaceful snake” pare di imbattersi perfino in una eco pinkfloydiana. Ed in questo bizzarro cabinet of curiosities, la cui ben celata varietà emerge in sordina, c’è spazio addirittura per un brano assolutamente perfetto come “Mystic”, felpata cadenza à la “Peter Gunn Theme” che in cinque minuti di incessante evoluzione dispensa, in un registro vocale da Peter Murphy, un’aria tra i Morphine ed i Replacements, senza che ciò appaia estemporanea, episodica casualità. Album solido e non privo di spunti di rilievo, “Hearreality” offre una esaustiva panoramica su un artista la cui creatività saprà forse dispiegarsi al meglio se riuscirà nell’impresa di addomesticare ed indirizzare in modo più personale le disparate influenze di cui si nutre. Comunque interessante. (Manuel Maverna)