recensioni dischi
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STEFANO MASINI  "Dove non c'è nessuno"
   (2015 )

"Dove non c'è nessuno" è un disco d'esordio sorprendente, dove la canzone d'autore incontra nuove sonorità, il tutto condito da una rara sensibilità letteraria e poetica, diversi registri percorrono le tredici canzoni, scritte e interpretate da Stefano Masini. Stefano Masini, nato in Svizzera ma vive da sempre in provincia di Treviso, laureato in Lettere Moderne, giornalista, è stato per diversi anni cronista televisivo, in gioventù ha suonato in vari gruppi e da allora compone canzoni, finalmente raccolte in questo album dove sono riarrangiate, insieme a brani di nuova composizione. Ha realizzato numerosi video, in particolare per la scuola e per brani musicali del cantautore Alberto Cantone (nei suoi album "C'era un sogno per cappello" del 2008 e "Il viandante" del 2014). Nel 2013 ha pubblicato il suo primo romanzo "le scarpe dell'allenatore", un giallo ambientato nel mondo del calcio locale, che ha frequentato con passione. C'è quello più prettamente autoriale in "Tanti anni dopo", e nel romanticismo ai tempi del low cost in "Le tue rose", o restando in alta quota, nel "Peso dell'acqua", la confessione di un alpinista in mezzo ai ghiacci. Di confessioni ce ne sono diverse, già nel titolo in "Confessioni di sk" (serial killer o santa Klaus?) tra i brani più scuri, come "La peste", rilettura attualizzata di Camus, o il trascinante rock d'annata di "Sul treno per Belgrado", tra psicoanalisi e Trieste. Il disco viene da nordest, e la mitteleuropa si sente anche nella ballata "Ora che vivo a Praga", che cita il Kafka di Murakami, c'è la straziante confessione di una madre in "La luce del tramonto", o quella disincantata di "Amori che finiscono", e c'è la denuncia, surreale ma molto reale, in "L'ultimo giorno dell'anno", che parla del G8 di Genova senza nominarlo mai, c'è in "Notte di guerra" la confessione "al rallentatore" di due combattenti su opposti fronti. Trova posto anche la chiave comica, con il paradossale "Cugino che vive a Londra" e con l'auroironica "Cinquanta" ("troppo vecchi per esser giovani, ma non ancora anziani...") composta a quattro mani con Alberto Cantone, pilastro della "scuola trevigiana" della canzone d'autore (innumerevoli collaborazioni nel panorama cantautoriale italiano), produttore artistico dell'album insieme al chitarrista Michele Palmieri che, in due anni di intenso lavoro, ci ha messo tutta la sua poliedrica anima rock. Una dozzina le collaborazioni dei musicisti, a cominciare da quelli che furono la base ritmica e gli archi degli Aut, sofisticata band "made in Treviso", che finì nel mirino di un certo Andrea Chimenti.