recensioni dischi
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NATAS LOVES YOU  "The 8th continent"
   (2015 )

Impiega un’eternità a carburare “The 8th continent”, debutto sulla lunga distanza del quintetto multi-country Natas Loves You, progetto con base geografica in Lussemburgo affidato alla illustre produzione di Chris Zane; stenta a lievitare sulle ali di una fragile leggerezza falsamente pop, mai screziata nè increspata da asperità alcuna, ma quando finalmente individua la giusta direzione svela un suo sottile, garbato fascino non privo di appeal. Disco facile che si lascia ascoltare arrendevole senza indurre in tentazione alcuna, “The 8th continent” veleggia ordinato e diligente mescolando suggestioni eighties e sonorità aggiornate, mostrando in controluce – grazioso e gentile, sebbene a tratti impalpabile - la sua tenue filigrana. In un gradevole, inoffensivo susseguirsi di spunti melodici talora vincenti (“Scarlett Brown”, con un inciso che ricorda addirittura la “Oxygen IV” di Jean Michel Jarre), i cinque imbastiscono con ben celata vocazione stylish un prodotto sicuramente spendibile sul mercato, soprattutto se sarà adeguatamente gestito. I numeri li hanno, dal synth-pop di “Horizons”, bell’incipit che inciampa in un chorus smorzato, al groove intenso di una “Sirens” che riecheggia il George Michael più tenebroso con una sensualissima linea di basso; dal beat notturno di “If they follow” e “Zeppelins” al passo da Justin Timberlake (o addirittura da Michael Jackson?) di “Skip stones”, fino alla ballata laccata di “Game of tribes”, i ragazzi dispensano con elegante nitore una musica lontanissima dalla loro stessa autodefinizione di “pop-psichedelico”, parente prossima di un funk bianco e leggero che gigioneggia con impasti vocali à la Girls in Hawaii, indovinando sì quasi tutto il contorno (suoni, atmosfere, incastri, produzione), ma solo sfiorando – e ripetutamente - quel brano-killer che proprio non arriva. Giovani e talentuosi, necessitano forse di un repertorio più forte, per trovare quella incisività che al momento sembra loro difettare. Promettenti. (Manuel Maverna)