recensioni dischi
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DELGADO  "Superfluo"
   (2015 )

I Delgado sono una band comasca, nata nel 2010. Alla fine di quello stesso anno escono con la prima demo “La cura dell’ovvio”, registrata e mixata da Mauro Pisani, e nel 2012 con l’album “Hai già tutto quello che vuoi”, interamente autoprodotto. L’elettronica è la componente sufficiente e fondamentale, estetica e struttura portante, centro e perimetro dello spazio occupato da batterie dritte e chitarre distorte. Con questo disco il trio arriverà a suonare sui principali palchi nostrani, aprendo concerti a gruppi come Iory’s Eyes. L’intero 2013 è dedicato alla stesura dei nuovi inediti, pronti per essere catturati in studio nell’aprile 2014 grazie alla produzione artistica di Davide Lasala (Vanillina) presso l’Edac Studio di Como, il luogo in cui prende vita questo secondo full-lenght album: dieci brani che mirano dritti all’essenza, diretti e immediati nella musicalità, e che nei testi raccontano il mondo attraverso immagini, ogni aspetto del disco lascia spazio all’interpretazione di chi lo ascolta. Anche il reale significato del titolo è lasciato in sospeso: ''Superfluo'' o ''Super-fluo'' - a seconda di come lo si legga - è un album che non pretende di offrire spiegazioni o visioni di questo momento storico, piuttosto pone domande e fa nascere dubbi, senza sentirsi in dovere di dare risposte. La cover riflette questo gioco di parole che è quasi un concept, in primo piano un cervello dai colori sgargianti. Il cervello è esso stesso la rappresentazione di un concetto che è molto caro alla band: "Noi siamo esseri analogici intrappolati in un mondo digitale, e il brutto è che siamo stati noi stessi a rinchiuderci in questa trappola" (Donald A. Norman, Il Computer invisibile). Il cervello reso fluorescente, quindi finto, isolato dal resto del corpo e conservato in una teca ma, allo stesso tempo, non finisce per perdere le sue potenzialità, caratteristiche e forza simbolica. Ecco la sintesi visiva di questo concetto. Dietro l'immagine è inoltre nascosta la citazione di un celebre film, che riconduce alla medesima metafora: ''Frankenstein Junior'', film del 1974 diretto da Mel Brooks. Il disco è disponibile in cinque colori. Tutti rigorosamente 'fluo'. L'artwork è a cura di Eli Emme, batterista della band.