recensioni dischi
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ELVIS PERKINS  "I aubade"
   (2015 )

Figlio dell’attore Anthony Perkins (morto nel 1992) e di una nota fotografa americana, tragicamente scomparsa l’11 settembre 2001 durante l’attacco alle Torri Gemelle, il cantautore americano Elvis Perkins trova nella musica una forma di riscatto dal dolore. Nato a Los Angeles nel 1975, pubblica il primo acclamato disco, ''Ash Wednesday'', nel 2007, seguito due anni dopo dallo stiloso “Elvis Perkins In Dearland”, entrambi su etichetta XL Recordings. A distanza di sei anni Elvis Perkins torna con “I Aubade”, il terzo album uscito il 6 luglio tramite la sua etichetta, la MIR Records. A differenza dei precedenti lavori, “I Aubade” è stato per la maggior parte composto dallo stesso Perkins in solitaria tra il 2012 ed il 2013, registrando per lo più nella sua casa a New York, intervallando la solitudine con viaggi ad Hudson, Dallas e Los Angeles. “I Aubade” è, a detta dello stesso Perkins, un album carico di onde di cambiamento, onde impazzite, onde interiori, onde cosmiche, onde del mare, dell’oceano, di un fiume. Onde. L’ispirazione per questo nuovo lavoro arriva dall’amico francese Arnaud, a cui è stato trapiantato un nuovo cuore, con una valvola bovina. Da qui, l’idea di quello che potrebbe succedere se un uomo subisse il trapianto del cuore di un suino. Sicuramente, in seguito a questa trasformazione spirituale, diventerebbe una persona migliore. Il brano che meglio rappresenta questo concetto è “Hogus Pogus”, di cui è disponibile anche il video, realizzato in parte con filmati e documentari che raccontano l’esperienza dell’amico Arnaud. Un concept album che spazia da esperienze personali al surrealismo? Sicuramente un disco che ha richiesto tempo per essere registrato ed ultimato e che, a sua volta, richiede il giusto tempo per l’ascolto e la sua comprensione. Un lavoro che segna un netto cambiamento rispetto al passato: gli studi professionali lasciano il posto ad un registratore a quattro tracce, che cattura anche i rumori di sottofondo della casa di Perkins a New York, o di una vecchia roulotte o di una camera di un motel: fruscii, arpeggi, voci appena sussurrate non fanno altro che collocare “I Aubade” in uno spazio senza tempo, in un’atmosfera ovattata dentro la quale ci si sente protetti e cullati dalla voce di Perkins. Nel disco si trovano le collaborazioni di numerosi musicisti, tra cui Nick Kinsey (Bon Iver, Cold War Kids etc), Wyndham Boyland Garnett, il batterista Otto Hauser, il polistrumentista Frank Fairfield, la voce di Cornelia Livingston ed il collaboratore di lunga data Becky Stark. Il mixaggio è stato realizzato dallo stesso Perkins e da Jesse Lauter e masterizzato da Alan Silverman. Il titolo del disco, “I Aubade”, è una sorta di assonanza che associa a Perkins “aubade” ad “obbedire”, permettendo così all’artista di seguire – ed obbedire, appunto – alle leggi naturali ed al sovrannaturale, rivolgendo aspirazioni e speranze all’alba di un nuovo giorno.