recensioni dischi
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MIKE OLDFIELD  "Discovery"
   (1984 )

Altro che 'Ombra del chiaro di luna'. “Moonlight shadow” lo aveva trasferito di peso sotto i riflettori della popolarità, che sembrava svanita dopo le Campane Tubulari di inizio anni ’70 e tante cose, al di là del bene e del male, non esattamente da “Superclassifica Show”. Però le cose erano andate troppo, troppo bene per non riprovarci. C’era stata, nell’inverno 1983, una “Crime of Passion”, clonazione del precedente successone estivo con però voce maschile, e un immediato nuovo album, con il facciotto di CampoVecchio triste e opaco in copertina, che sembrò immediatamente troppo dettato dalla voglia di ripetere all’infinito la stessa formula. Due voci, quella di Barry Palmer e quella storica di Maggie Reilly, che si spartivano le canzoni in maniera matematica: 7 brani con parti vocali, 3 a lui, 3 a lei, e una (“Trick of the light”) in coppia. Che si siano divisi equamente anche le sillabe, per non cantare una parola più dell’altro, non è dato saperlo, a meno che qualcuno non voglia farne un censimento. E un brano strumentale, “The lake”, messo in fondo al disco, quasi come firma di Oldfield, a dimostrare che non tutto era venduto. Altro mondo, rispetto a “Crises”, che si apriva con 20 minuti strumentali: qui si partiva con “To France”, canzone di successo anche se non suggestiva come le cose precedenti, e si finiva con “Saved by a bell”, dopo essere passati da una curiosa “Talk about your life”, scritta sullo stesso arrangiamento di “To France”. Male non era, questo disco, ma l’impressione del lavoro su commissione rimaneva eccome. (Enrico Faggiano)