recensioni dischi
   torna all'elenco


HARD-FI  "Stars of CCTV"
   (2006 )

Gli Hard-Fi sono il tipico prodotto socioculturale della periferia britannica. Quattro tipi che si trovano più a proprio agio in un pub che non a una cena di gala. E dai discorsi rubati ai compagni di bancone nel solito bar, dall’amarezza quotidiana ingoiata a sorsi generosi, dai suoni random sparati dalle casse del locale e filtrati attraverso la spuma bianca di una birra lunga quanto un’adolescenza, è nata nei loro stomaci un’urgenza primordiale: la rabbia, il disagio, la voglia e l’euforia di quelle notti sono diventati un’autoproduzione da appena 300 sterline. Il rock, in fondo, non è altro che l’effetto collaterale di una sbronza che porti avanti da una vita e che non hai alcuna intenzione di smaltire completamente. 'Stars Of CCTV' è un disco nato nei sobborghi di Staines, nel sud dell'Inghilterra, città natale del cantante-produttore Richard Archer, che racconta il disagio suburbano con liriche semplici e dirette sostenute da un sound in cui convivono, come in ogni periferia che si rispetti, accenti differenti: dal punk degli squat bianchi al dub dei chiassosi quartieri caraibici, fino alle vibrazioni esotiche dei nuovi vicini di casa mediorientali. L’idioma, pur se contaminato, è tuttavia quello più canonico di un rock capace di rielaborare tutte le influenze in forma di 11 canzoni che, nonostante la produzione low-cost, danno corpo a un album dalla compattezza rara da ritrovare in un esordio. Compattezza che, per una volta, non va a discapito della varietà di spunti. Il singolo “Hard To Beat” è un piccolo capolavoro di equilibrio tra il beat cassadritta dei Daft Punk del ritornello e una strofa che sembra pescare dal repertorio dei Madness. “Middle Eastern Holiday” è una “Rock The Casbah” ingentilita da una produzione à la Killers. Non mancano i chorus furbetti capaci di rendere ricchi e famosi i Kaiser Chiefs (“Tied Up Too Tight”) e nemmeno gli ammiccamenti alla disco music e al glam anni ’70 di “Living For The Weekend”. In mezzo a tutto questo entusiasmo c’è spazio anche per una piano ballad welleriana, “Move On Now”, prova tangibile che questa band è capace anche di suscitare emozioni struggenti. Se passate dalle loro parti, offrite loro una birra. (Corrado Minervini)