recensioni dischi
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LABASE  "Antropoparco"
   (2016 )

A un anno di distanza dalla sua primissima pubblicazione, Macramè ha ridistribuito l’opera prima dei laBase, intitolata “Antropoparco”. Il disco propone una sorta di rock d’autore, a cavallo fra alternative e stoner d’oltremanica, infarcito da digressioni psichedeliche e post rock. A convincere, in apertura, sono le linee di basso di Antonio Campanella, capaci di squarciare il silenzio ed irrobustire un sound esplosivo grazie anche alla perfetta sintonia fra la batteria e riff di chitarra efficaci, tranne quando eccessivamente distorti. Ma lo spessore di “Antropoparco” sta pure in testi ricercati, fra tematiche nichiliste e testi diretti e disincantati. “Crudi”, come dicono loro stessi, è una definizione molto calzante. In “Antropoparco” ci sono pezzi capaci di ergersi a inni generazionali, di dipingere il disagio di un momento storico con delle liriche parecchio taglienti ed una voce, quella di Mirko Lucidoni, che si rivela adatta a questo tipo di clima e ad atmosfere cariche d’ansia, nervosismo e disperazione. A dimostrarlo sono due pezzi, principalmente: “Il Martello” e “Mai Una Gioia”, il primo con attacchi anche alla politica. Il finale dell'opera alza nuovamente l’asticella dopo due passaggi un po' a vuoto: “Alprazolam” è chiusura ideale per questo disco. I laBase hanno talento e margini di miglioramento importanti: “Antropoparco” è un disco che funziona e bene, nel complesso, nonostante qualche piccolo intoppo e qualche sbavatura qua e là. (Piergiuseppe Lippolis)