recensioni dischi
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MALARDITI  "Un po' più in là"
   (2016 )

Sono in sei, vengono dalla provincia palermitana, hanno scelto un nickname divertente (ma che significa Malarditi? Coraggiosi in senso negativo?), e non hanno ancora ben scelto cosa faranno da grandi. Per fortuna. Nel senso che la loro musica, in questo disco d’esordio, pesca un po’ da tutto e da tutti, senza aver già deciso dove andare a parare ne’ dove voler arrivare alla fine del viaggio: pop, west coast, cantautorato, southern rock, musica gitana, folk, persino punk, c’è veramente “rusco e brusco” in questo “Un po’ più in là”, prodotto da un nome del calibro di Daniele Grasso, che ha già collaborato con artisti come Afterhours e Cesare Basile. Ma, come si diceva, questa specie di “minestrone” musicale, piuttosto che divenire una spada di Damocle per la band sicula, ne diviene per assurdo il punto di forza. Difficile non trovare nemmeno una facciata dei Malarditi che non si confaccia ai vostri gusti musicali. E, allo stesso tempo, tale e tanta varietà di ambientazioni non può, alla fine, che avvincere ed avvinghiare l’ascoltatore. Che, oltretutto, non corre proprio mai il rischio di annoiarsi, all’ascolto di questi 31 minuti per 10 episodi, perché vattelapesca a questa canzone (quindi a questa ambientazione, questa scelta musicale, questo stile, questo mondo) cosa mai seguirà. Quindi? Niente da fare, per avere un’idea di questo disco dovete ascoltarlo e basta. Nel caso, potete cominciare con “Mia” (piglio rock e melodia a braccetto), per continuare magari con “Quasi ridicolo” (irresistibile intro di chitarra far west per un brano politicamente scorretto che farebbe ballare un paralitico), ed ancorarvi infine, per qualche minuto o per la vita (a vostra scelta), alla splendida “La ballata del tempo perso”. E alla fine diteci voi, se si può fare a meno dei Malarditi… (Salvatore La Mazzonia)