recensioni dischi
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HOLY ESQUE  "At hope's ravine"
   (2016 )

Arrivano da Glasgow gli Holy Esque, band che, a pochi mesi dalla comparsa sulle scene con un piccolo EP intitolato “Submission” (parecchio acclamato dalla critica), è giunta all’esordio vero e proprio con “At Hope’s Ravine”. Rispetto all’EP di quest’estate, gli stilemi della band non sono affatto cambiati: gli Holy Esque hanno sviluppato in maniera più approfondita trame che sembrano appartenergli da sempre e che gli offriranno più d’una possibilità di finire ai vertici della scena post punk mondiale. Fondamentalmente, è questo il tratto caratteristico della band, sebbene in alcuni casi le sonorità si aprano quasi a voler schiarire le tinte piuttosto scure che caratterizzano “At Hope’s Ravine”. È un disco molto diretto, che entra nella pelle con tutto il suo carico emotivo, un urlo di disperazione che passa anche attraverso la voce del leader del gruppo, Pat Hynes, dotato di un timbro incredibile su cui gli Holy Esque potranno costruire parte delle loro fortune. È difficile eleggere le tracce migliori, in un disco che si mantiene su livelli anche molto alti praticamente dall’inizio alla fine. “Doll House”, ad esempio, nel suo crescendo finale, permette di apprezzare compiutamente tutte le peculiarità della voce di Hynes, ma anche “Rose” o la più lenta “My Wilderness”, da sole, basterebbero a raccontare molto d’una band che parte col botto e che ha ancora tanto tempo davanti a sé. Se le premesse sono queste, le aspettative per il futuro saranno altissime. (Piergiuseppe Lippolis)