recensioni dischi
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I BARBARI  "I Barbari"
   (2016 )

I Barbari arrivano da Mantova, e non poteva essere altrimenti. Perché, lo ricordiamo a chi negli anni avesse impolverato le proprie nozioni di storia, fu proprio a Mantova che l'orda barbara per antonomasia, quella degli Unni di Attila, fu fermata da Papa Leone Magno con l'ausilio, si narra, nientedimeno che degli Apostoli Pietro e Paolo in persona. Dubito che, all'epoca, Andrea Colcera (voce), Simone Moratti (chitarre), Michele Dal Forno (basso) e Mattia Portioli (batteria) fossero già in circolazione (del resto sono passati 1600 anni, mica bazzecole...), però è evidente che, sin da allora, il nickname da scegliere per il loro combo fosse già scolpito nella roccia. Non solo: "barbari" era il termine con cui gli antichi greci indicavano gli stranieri, cioè coloro che non parlavano la loro lingua ("βάρβαρος" significa letteralmente i "balbuzienti"), e quindi tutti quelli che, semplicemente, non erano di cultura greca, in altre parole "diversi", "anomali", in un certo modo "non uniformati". Ed anche in questo caso i quattro ragazzi mantovani hanno colto nel segno: il loro genere di musica (alternative-stoner rock-blues) è, in effetti, abbastanza praticato dalla giovani band attuali, a differenza di qualche tempo fa, ma, fedeli al proprio nomignolo, i Barbari si distinguono, non si uniformano alla massa, ed esprimono, nei 4 episodi del loro esordio, scelte stilistiche per niente facili e scontate. L'opener "Riscatto" chiarisce subito la portata della proposta, quadrata, centrata ed appagante, in un brano che renderebbe legittimamente orgogliosi i Wolfmother, mentre "Fantasticitrenta" gode di un "tiro" assolutamente magnifico, in cui la chitarra di Simone Moratti (in odore di ZZ Top) si distingue per una spinta propulsiva che resusciterebbe pure un morto; l'ottima "Consigli", pur nella sua brevità (meno di 3 minuti), allarga poi ulteriormente il raggio della proposta grazie ad una batteria, spesso in controtempo ma estremamente precisa, che non concede un attimo di tregua. La perla assoluta è però probabilmente la conclusiva "Specchio", nella quale, in 6 minuti e mezzo di autentico furore, le fosche tinte rappresentate dalla bella copertina di Jo Naylor vengono tradotte in musica sulle ali della forte e precisa voce di Andrea Colcera, per un brano che prende gli stilemi dei White Stripes ma anche dei Bud Spencer Blues Explosion e li porta oltre, presentando un mondo musicale nuovo, innovativo, ma al tempo stesso fruibile anche da chi, solitamente, batte tutt'altre strade sonore. Ottimo esordio, in definitiva, quello dei Barbari: dai quali è lecito attendersi prove ulteriormente cristalline nei tempi a venire. (Andrea Rossi)