recensioni dischi
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LATERAL BLAST  "La luna nel pozzo"
   (2016 )

Anni fa, venne chiesto a Jan Anderson dei Jethro Tull perché la scelta di inserire Il flauto in ambito rock. “Perché lo suono male, e se fossi bravo non avrei scritto cose buone…” fu la risposta. Che grandezza d’artista, eh? Pensate quante band ha influenzato, non ultimi i Lateral Blast. Perché? Prima di tutto, perché in questo “La luna nel pozzo” ci sono riferimenti chiarissimi alla sua musica, e poi se Jan avesse modo di sentire suonare Rosa Zumpano (flauto traverso e voce), direbbe di aver trovato il suo omologo in gonnella. Fatevi un’idea con “Come nuvole” e “Silenzio”, il miglior pezzo dell’album, con un finale di chitarra e tastiere bellissimo. Inoltre, Rosa è dotata di una voce incantevole che occupa la gran parte dei brani, alternandola o fondendola anche con quella di Leonardo Angelucci, per di più apprezzato chitarrista di assoli sopraffini. Dopo la “Intro” recitata, si comincia con “L’ululato”, pezzo che ammicca allo stile del mai dimenticato Augusto Daolio dei Nomadi, e prosegue con non poche sorprese, essendo un disco che si gusta senza stancare e mai banale. Qui c’è un grande gioco di squadra, senza leader che primeggiano. D’altra parte, per il genere che abbracciano (rock sperimentale al confine col progressive), sarebbe una scelta inopportuna delegare la scrittura ad un singolo componente. Attivo da un lustro, questo combo romano arriva alla seconda prova dopo “I’m free” del 2014 (cantato, peraltro, in inglese) avendo, fin da subito, calcato tanti palchi, aprendo anche “live” di una certa importanza. Tutto questo permette alla band di ottenere lusinghieri consensi ovunque, soprattutto da parte della critica, che li premia per due anni consecutivi, concedendo loro l’onore di suonare nell’ambito della Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Il sestetto ostenta idee e compattezza, regalandoci nella succitata “Silenzio” echi tastieristici dei Shakatak di “Night Birds”, e non si fanno mancare davvero nulla nel sound, perfino il violino di Alessandro Monzi (già Area 765 e Ratti della Sabina) nei brani “L’Ululato” e “Troubadou” e la tromba nella conclusiva title-track. Insomma, chi persegue con passione lo stile “anacronistico” dei Lateral Blast merita rispetto anche in episodi minori come “Le urla dei bambini”, dove si avverte pathos e autenticità tematica ma non in linea con lo standard qualitativo dell’intero album. Finito l’ascolto, cosa direbbe Ian Anderson? “Oh… very good!“. (Max Casali)