recensioni dischi
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LEON  "Gli eroi muoiono"
   (2016 )

Il secondo album di Leon – nome d’arte del cantautore valdostano Simone Perron – arriva a tre anni di distanza dall’esordio e, rispetto al suo predecessore, aumenta la densità dei temi affrontati e delle influenze musicali recepite; ciò che ci consegna è un collage di suoni e idee di una sincerità notevole, che – complice anche la presenza di quattro testi in francese – emana una malinconia d’altri tempi.

Buttare dentro i frammenti della propria vita, anche quelli delle situazioni più personali e intime, è una delle caratteristiche principali di Leon. La sua capacità più grande, però, è quella di trasformarli poi in parti di un racconto più ampio, universale: le ferite aperte di una lotta generazionale, una battaglia infinita tra il nuovo e il vecchio, il buono e il cattivo, tra una Italia che vuole cambiare e una che invece resta “fedele” al veloce decadimento a cui va incontro. Il singolo “Generazione Choosy” è il disco in miniatura, la parte per il tutto, il manifesto pubblicitario e al tempo stesso i titoli di coda: Peron vomita senza un attimo di pace tutti i drammi che affliggono il nostro paese, dalla disoccupazione allo scarso interesse dei cittadini per cambiare le cose. Alla sua generazione, canta Peron, mancano i coglioni: “non vi ha sparato mai”. Il brano – da cui è stato tratto un videoclip estremamente divertente ma anche profondo, dove il nostro viene preso a pallonate mentre cerca di suonare la sua chitarra – è il pezzo più pop di un disco dove entrano rock, folk e anche – un po’ a sorpresa e piuttosto violentemente – l’elettronica.

“Chiamami,” il brano che apre il disco, è un acido rock su cui Peron ricama una storia d’amore difficile; la parte più originale della canzone è il “botta-e-risposta” tra la voce principale e quella secondaria che ne caratterizza la seconda parte. Le canzoni sono tutte estremamente orecchiabili e piacevoli; i testi non appaiono particolarmente originali, ma probabilmente questo non era l’obiettivo di Leon. Obiettivo che, probabilmente, era invece la creazione di un suono più totale, che esulasse da una rigida etichettatura di genere: lo dimostra l’electro-funk di “Gli Eroi Muoiono”, la traccia che dà il titolo al disco, che sembra cercare certezze nei momenti quasi spoken word del ritornello, finché non compare di fronte a noi una improvvisa apertura lenta e melodica che crea un momento di respiro tra le due parti del brano.

“Sepolto Qui” è un soft-rock dal tema triste, con punte di rabbia imponenti: l’innamorato si lamenta con l’amata per il (brutto) trattamento ricevuto. “Ama un Altro” è la parentesi spagnoleggiante dell’album: una percussione feroce ci conduce nella disperazione e nella schiettezza di un uomo geloso ma comunque lucido nell’esporre i suoi pensieri. Come è evidente, lo scopo di Leon è quello di crearsi uno spazio a metà via tra il pop e il rock più classici da una parte e il folk e l’elettronica più ricercati – e per questo meno conciliabili tra loro – dall’altra.

Due dei brani francesi hanno fonti spiccatamente poetiche, essendo rivisitazioni più o meno personali di celebri poesie di Charles Baudelaire – “Litanie,” che vede la partecipazione di Daniele Bertolino, e “Le Voyage” – che danno al disco un tocco ancora più decadente e malinconico, proprio mentre accompagnano l’ascoltatore verso la chiusura. Prima, Rémy Boniface trova il suo spazio in “Tu Danse (Pour Moi)”, una ballata medievaleggiante che ricalca molti stilemi di Brassens, sia nel trattamento della chitarra acustica sia nel violino che prova a emergere dal fondo; “Il Nous Reste Que Vivre Comme Ca” rappresenta un’altra immersione nel folk francese, caratterizzata da un ritmo ballabile e moderno.

“Litanie” e “Le Voyage” chiudono l’album con l’ennesima, abile mescolanza di stili e generi che ha caratterizzato l’intera opera. Leon conferma le sue doti di “sperimentatore,” rendendo palese la sua intenzione di non voler essere classificato in nessuno dei generi predefiniti, ma di voler fornire una piacevole fusione di tutta la musica che lo ispira. (Samuele Conficoni)