recensioni dischi
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MENEGUINNESS  "A chi non dorme"
   (2016 )

Ma cosa mai avrà di tanto fascinoso il “Cielo d’Irlanda” da poter annoverare una platea sterminata di artisti e ammiratori? Di certo non fu Massimo Bubola il il primo a decantarne la bellezza con quel brano fortunato, dato poi alla Mannoia. E neanche il turista più svagato non può non coglierne la suggestione di un “oceano di nuvole e luce” perché su quest’isola verde il cielo fa da padrone al paesaggio di panorami in continuo cambiare e mai gli stessi. Non sono sfuggiti a questo ipnotismo neanche i brianzoli Meneguinness, che fanno del loro travolgente e contagioso folk irlandese mescolato a polka e rock di casa nostra il loro gran bel biglietto da visita e dando alle stampe il loro primo disco di inediti “A chi non dorme” , dopo quello di cover del 2014 intitolato semplicemente col loro nome. La pallanuoto c’entra poco ma la band è un “settebello” molto preparato e “quadrato” nelle ritmiche e nell’apportare puro divertimento. Per avere un’idea basta sentire l’unico strumentale del disco: “Titanic”, dove De Gregori non deve sentirsi defraudato del titolo perché poi, nella successiva “E’ tardi”, gli rendono omaggio con un andamento che ricorda la sua “Natale”. Per quasi tutto il lavoro il sound e le ritmiche sono quelle di “Bergamo” (brano scelto come primo singolo), ossia briose e piene di energia. Prendo spunto, invece, da “Felix Pedro” e “Pietrino” per fantasticare, come se l’indimenticato Augusto Daolio dei Nomadi montasse a cavallo per galoppare, con poche soste, dall’Irlanda al Far West e assaporasse, in itinere, ogni minima ma preziosa suggestione e, una volta tornato a casa, trascrivesse in musica il suo block-notes. Intendiamoci: la voce di Daniele, anche se simile all’artista di Novellara, presenta una tonicità tutta sua, e gli altri sei del gruppo sanno arricchire il tutto con una opulenza di strumenti che è tutto dire: dal banjo alla fisarmonica, dal flauto al violino di Mauricio che si evidenzia per la sua onnipresenza. Non poteva mancare la cover della Mannoia “Il Cielo d’Irlanda”, riarrangiata con dovuta grazia ed efficace. Tra gli 11 pezzi dell’opera c’entra poco con questo progetto “Donna manager”, poiché una velata invettiva verso le rampanti del gentil sesso cozza con lo spirito del “divertissement” respirato fin qui. In ogni modo, una band che in soli 4 anni di attività ha calcato oltre 200 palchi nostrani ed esteri, culminati anche con una mini tournèe nella terra dei sogni, dimostra che la qualità non è distratta ma porge meritata attenzione a chi ci sa fare. Se poi, in studio, daranno seguito a gustosi lavori come questo, dedicato all’esercito dei precari che lottano in un’Italia difficile, i ragazzi avranno modo di far ritrovare un sorriso con nuova energia e far riprendere, con un pizzico di ottimismo in più, lotte e acrobazie lavorative che sono mestamente all’ordine del giorno. Seguiteli, perché già tutta l’Italia si è divertita a vederli dal vivo, meglio se con una fresca (Mene)Guinness. Vivrete un’esperienza da quattro stagioni tutto in una sera, un po’ come succede nel cielo d’Irlanda, dove apri l’ombrello e poco dopo spunta sole e un iride spettacolare. Ecco, proprio cosi, perché i Meneguinness sono i “sette” colori dell’arcobaleno. (Max Casali)