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JON LINDSAY  "Cities and schools"
   (2016 )

“Cities and Schools” – il terzo LP dell’interessante cantautore americano Jon Lindsay – brilla per le sue sfumature pop efficaci e dolci, che cullano l’ascoltatore dalla prima canzone all’ultima, in 36 minuti di divertimento ed emozione.

Già dall’EP di debutto del 2009, Jon Lindsay è stato salutato da molti come la realizzazione più compiuta di un certo tipo di pop/rock che in questo decennio si è visto rinnovarsi più volte. Lindsay non è forse il suo risultato maggiormente originale; rappresenta però un bellissimo mix di ciò che il pop è stato, è e – forse – sarà. L’influenza di mostri sacri come Paul McCartney e Alex Chilton – i Big Star sono un punto di partenza evidente nella composizione di questi brani, sia per quanto riguarda le tendenze musicali, sia nell’approccio lirico e dosato della voce – si rintraccia nella canzone di apertura, “All Them Houses”, e nella sua naturale (e ideale) prosecuzione “Lifer”, che, poste all’inizio dell’album, rendono subito l’idea del lavoro superbo effettuato da Lindsay e dai suoi collaboratori: gli arrangiamenti, infatti, sono da subito l’elemento forte dell’intero lavoro, puntuali e levigati, come di norma per lui.

Jon è nato a Portland, città in cui è vissuto per la maggior parte della sua carriera Elliott Smith, dove si è formato come musicista e ha raggiunto la popolarità. La sua influenza sull’intera scena pop/rock/folk (americana e non) è ormai cruciale negli ultimi quindici anni. Non poteva non sentirsi anche in Lindsay, che sembra molto sensibile alle melodie mai banali di Smith, al suo modo altalenante e dolce di cantare: si veda, a tal proposito, “Better Never”. Lo Smith a metà tra “XO” e “Figure 8” – quello beatlesiano, meno folk e più baroque pop – influisce enormemente sulla creazione di “In Breach” (che pare davvero uscire da uno di quei due dischi!), “Johnny Outta Kontrol” e “The Church of Me” (dove la voce mostra senza alcun velo la derivazione di Elliott).

La cura minuziosa degli arrangiamenti permette quasi di percepire un senso “orchestrale” delle canzoni, studiate nei minimi dettagli; quello che colpisce è l’amalgama che fonde tra loro soprattutto chitarre e voci. L’influenza dei Destroyer caratterizza i brani più rock come “Little Queen Drum Machine” e “When They Broke the World”, che sono versatili e variegate come il gruppo di Dan Bejar, sospese tra chitarre aggressive e tastiere sognanti. “Kaputt”, forse il disco migliore dei Destroyer, risale al 2011, ed è quello da cui Lindsay trae di più: riverberi potenti, pioggia di note e dominio imponente della voce sono gli elementi che colpiscono di più di quell’album come di queste canzoni, estremamente ricercate nella forma.

“Cities and Schools” è una buona prova di un artista che non vuole smettere di stupire. Nei suoi momenti migliori, dimostra come e perché il pop continui a rappresentare il genere perfetto per essere esplorato, sventrato e modificato dal suo interno, grazie soprattutto ad arrangiamenti sensazionali; nei momenti più deboli ci fa capire quanto la maturità e il mestiere di Lindsay facciano sì che, anche quando l’ispirazione è poca, il risultato sia sempre intrigante e godibile. È questa la formula per dar vita a un’opera che non passi inosservata. (Samuele Conficoni)