recensioni dischi
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ESTETICA NOIR  "Purity"
   (2017 )

Non è che gli anni '80 siano tornati: in realtà non se sono mai andati. Hanno percorso i '90 di nascosto tramite i Bluvertigo per tornare in salsa revival nei primi '00. Però gli Estetica Noir non sono una revival band. La loro new wave è rinfrescata da tastiere aggiornate e da un'originalità nella ricerca del suono che toglie l'ipotesi di essere epigoni di qualcun altro. Certo, i Cure si fanno sentire molto nella chitarra effettata e in una certa impostazione del timbro vocale, ma la band di Torino si discosta da loro con un suono square di synth che circonda molte tracce dell'album "Purity", in uscita il 27 gennaio 2017. Prima di analizzare le tracce va sottolineata una scelta azzeccata a livello di produzione, che si confà al genere. Il mix è scuro, come si dice fra tecnici del suono, ovvero le frequenze basse sono più accentuate rispetto a quelle alte. Una scelta in controtendenza, nell'epoca della loudness war dove quasi tutti utilizzano mix chiari accentuando le frequenze medio alte e appiattendo tutti i suoni, creando quella secchezza che sentiamo oggi alla radio. Qui invece c'è profondità di suono, e non solo per le percussioni riverberate di ottantiana memoria. Inoltre la voce è dentro il mix anziché spuntare fuori come capita spesso nelle produzioni italiane, dove il resto dell'arrangiamento rischia sempre di sembrare una base karaoke. Qui invece si possono apprezzare bene tutti i suoni della band. Ma entriamo nel merito delle canzoni. L'estetica, appunto nera, di questa formazione porta a scrivere in maniera avvincente di angosce e dei drammi odierni. In "Hallow's Trick", brano di apertura, c'è una struttura accordale molto particolare, e un ponte decisamente inquietante. Si consiglia di guardare anche il videoclip di questo brano, che ben descrive il clima che ricercano gli Estetica Noir. Altre scelte disturbanti compaiono in "Plastic Noosphere", dove un urlo nascosto in una distorsione noise fa ping pong nelle cuffie. "In Heaven" è un brano critico nei confronti della religione, parte con un synth che sembra l'inizio di un videogioco, ma poi arriva la chitarra distorta e la canzone decolla. Encomiabile l'inserimento di una battuta di George Carlin, in perfetta sintonia con il pensiero del pezzo. "Suicide walk" è il primo breve brano di due strumentali presenti nell'Lp, e qui si presenta sorprendentemente un ambiente ispirato con tutta evidenza da Vangelis. L'intro di "Deluxe Lies Edition" presenta in tutto il suo splendore il basso suonato con il plettro - puristi non litigate - mentre il lick di synth ricorda l'aria malsana di "Closer" dei Nine Inch Nails. Il secondo strumentale "Hypnagogia" suona come una colonna sonora horror, con il basso sintetico che incontra scure note di pianoforte, dritte e in reverse, concluso da un lead synth molto oxygen. "I'm not scared" è la cover di una canzone che i Pet Shop Boys avevano scritto per gli Eighth Wonder, ma è totalmente stravolta e personalizzata (per fortuna). "A dangerous perfection" potrebbe essere un buon singolo con la sua batteria in sedicesimi, ma l'album chiude con "You make life better", dove pioggia e un battito di cuore introducono cupe note sintetiche che gradualmente vengono aperte di tono, mentre un pianoforte, sempre dal tono chiuso, compie delle terzine nel refrain strumentale. L'oscurità si fa quasi chill out, anche se il sussurro e il testo non permettono di rilassarsi. Nella seconda metà si cambia ritmo, e un riff ossessivo viene dopo un po' coperto da un rumore dalla forma d'onda "a dente di sega". La cura nei dettagli è davvero maniacale, per una band che dimostra una maturità nelle scelte e una consapevolezza di come valorizzare la propria identità dark. (Gilberto Ongaro)