recensioni dischi
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ROCCO TRAISCI  "L'amore ai tempi della collera"
   (2017 )

Può un giornalista di cronaca nera, con tanto di foto caratteristica in copertina, intrecciare i suoi interessi con una schiera di musicisti che operano all’ombra del Vesuvio? Se c’è di mezzo un pentagramma che li accomuna, si può. E Rocco Traisci ha un alibi di ferro per militare nei Freak-Opera, stimata band underground. Ora, però, grazie alla scintilla artistica scoccata col compositore Giovanni Vicinanza dei Softone, ha potuto dar vita ai suoi primi dieci pezzi come solista in “L’amore ai tempi della collera”, note d’inchiesta dalle tinte vocazionalmente “noir”. E non poteva andare altrimenti, in quanto l’inchiostro che impiega Rocco è appannaggio di un amore maldestro, contraddittorio, eppur stimolante e attraente nella tematica. Oggigiorno, trovare un amore duro e resistente come il nitruro di boro, che si comporta come un isolante elettrico e ottimo conduttore di calore, per il Nostro è impresa ardua. Circondato da una pregevole band, delega la scrittura delle musiche al suo complice Vicinanza, per suonare questo disco come una trascinante jam-session. In verità, non è che ci siano spesso ritmi altissimi ma il feeling e l’empatia che regna nell’opera è palpabile nella variabilità di generi con i quali… s’indaga. C’è il tradizionale pop-narrativo di “Amore e collera” e “I compleanni”, gustose incursioni in terra Nomadi, come c’è il rock-wave di “La tigre”, fluido e bizzarro, che graffia con unghie che non t’aspetti grazie, peraltro, alla vocalità grezza e profonda di Traisci. Anche “Superfisico” è godibile, impostato su un piano saltellante e frizzante, ma spunta un cartellino giallo: ammoniti per avvicinarsi troppo, nel ritornello, a “Nel sole” di Albano. Qualità e varietà stilistica, tuttavia, è garantita da “Non mi hai mai portato al mare”, in cui si affaccia a ridosso del blues, condito da banjo e flauto, dal sapore vagamente retrò, e “All’altro mondo”, a cavallo tra il rock e il rhythm&blues. Non ci sono incertezze nemmeno su solchi soul nella conclusiva “Canzone in posta privata”, pur mantenendo una matrice energica e rockeggiante. Nel complesso diciamo che Traisci, con 10 indizi a disposizione, ha tracciato un identikit di amore grigio e lo salva dal nero totale, poiché conserva i connotati del rifugio e della speranza. E perché rimane, comunque e ovunque, il ricercato per eccellenza. (Max Casali)