recensioni dischi
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EARTHIST  "Lightdraw"
   (2017 )

Poco più che ventenni, gli Earthist pubblicano un album intriso di diverse influenze, che dimostra una vasta conoscenza musicale. "Lightward" propone un alternative rock che in dodici brani snocciola contaminazioni punk, brit rock, folk e prog, con la presenza costante di curati cori che accompagnano la voce principale. Tantissimi i nomi che potrebbero venire in mente passando in rassegna le canzoni: con "Miracle", ad esempio, The Rasmus, con "Sealence (in my eyes)" i My Bloody Valentine, ma nel complesso il sound della chitarra è di stampo americano, ad esempio in "Not today", quando si apre nei ritornelli, ricorda i Green Day. Ma c'è un tocco personale nella composizione dei pezzi, mai troppo scontati. La canzone più entusiasmante è senz'altro "The Astronaut", che inizia con armonie vocali in falsetto per poi decollare in un rock melodico che sembra perfetto per galvanizzare una folla di ragazzine urlanti e piangenti, ed un ponte sognante con carillon. "Fox when the night" presenta più o meno la stessa struttura, con la differenza che la seconda strofa esibisce una finezza, aggiungendo accordi di quinta sopra la tonalità base, e con un ponte in 7/4 dal sapore eroico con il pianoforte protagonista, ottimo per una scena al ralenty in un film. In più ci sono degli insoliti cori cantati in staccato. Altri episodi emozionali si trovano in "Step out of the shade" e in "Brighter later", specie durante il cantato "say something, say something now", mentre in "Helicon" piccoli incisi di chitarra valorizzano il clima creato dal pianoforte. Gli episodi più curiosi sono "Jolly Roger (A Pirate's Tale)" e "Sirens Sing". Il primo, che porta il nome della celebre bandiera dei corsari, rievoca effettivamente, con un coro bullo ed un ritmo shuffle, l'ambientazione sonora che abbiamo nell'immaginario collettivo a proposito dei pirati. La seconda invece è una ballata acustica, che se all'inizio può richiamare Greensleeves, o il mondo rinascimentale della Blackmore's Night, con il mellotron ci restituisce un'intenzione più progressive. Anche "Time for a fight" mostra questa capacità di saltare da un ambiente all'altro: partendo come un grunge col basso effettato, sfiora il blues con la melodia cantata e alla fine sfocia di nuovo nella ballata in 6/8, col ritorno dei cori che ormai abbiamo capito essere una gradevole firma degli Earthist. Il brano di chiusura "The Lighthouse" è il più pop dell'Lp, un finale luminoso per una band che scrive e suona in maniera sempre positiva ed appassionante, a cui auguriamo tanta fortuna. (Gilberto Ongaro)