recensioni dischi
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CHARLIE  "Ruins of memories"
   (2017 )

Con una voce che si avvicina tanto a quella di Dolores O'Riordan, la cantautrice genovese Charlie, al secolo Carlotta Risso, pubblica nel 2016 l'album "Ruins of memories" che è il risultato di esperienze stratificate negli anni di numerosi concerti dal vivo nell'ambiente folk irlandese, che si colora a volte anche di country americano. Frequente è l'utilizzo di viole e violini, che compaiono fin dal primo brano "The Strength" accanto alla chitarra acustica di Charlie sempre protagonista. Già da "Superior" si avverte la volontà di sperimentare le sonorità, pur restando all'interno del genere in maniera coerente. La chitarra elettrica qui ha elaborato un suono che sembra provenire direttamente da "Another Green World" di Brian Eno, mentre "Rosemary" è un beat impreziosito da inserti di trombe dal sapore più britannico. Il country emerge con "Ash and arrow", che presenta un banjo a fianco della chitarra, e un'atmosfera da ''Ghost Riders in the Sky''. Nel testo si parla di "the sound of the gun", e in effetti a completare il clima western mancano solo dei rumori di pistola e l'urlo YYY-AAAH, che senz'altro i musicisti si saranno divertiti a pronunciare durante le prove. La titletrack "Ruins of memories" presenta un ritmo più moderato che fa rimanere ancora un po' nel Grand Canyon, con le note legate e psichedeliche di slide guitar, e "I'd be glad" con un organetto soft ci racconta di un'amicizia che non si scalfisce col tempo. Il pezzo termina con molte sovraincisioni di chitarra riverberate, lasciate vagare, finché iniziano tre ballate in sequenza. Nella prima, "Leave", la più rock, la cantante racconta della ricerca di indipendenza di una donna che asserisce "I think you should leave me", mentre la chitarra elettrica, nuovamente preparata come in "Superior", duetta con la viola. "Innocent sweet" è più romantica, mentre "Bedtime" è proprio una tenera ninna nanna, con tanto di glockenspiel e flauto, che sembra cantata dal letto di casa. Si torna a velocità un po' più sostenute ma sempre flemmatiche con lo swing di "Cigarette" per finire in un trip con "The Road", la cui melodia ricorda vagamente un brano dei Radiohead, ma il clima generale è anche un po' quello di ''Drive'' dei Rem, con molta più psichedelia specie nella suggestiva coda, con suoni in reverse, voce in falsetto, loop di rumori, elaborazioni timbriche di cui una ricorda un suono di "Atom Heart Mother" dei Pink Floyd, e tutto ciò descrive bene la sensazione di una corsa in una strada deserta in piena notte, e fa dimenticare la somiglianza della voce di Charlie con quella della cantante dei Cranberries. L'album presenta anche una ghost track, "She", dove una tripla voce reitera la parola "she", e tramite il dobro si prosegue con il clima di "The Road", volto però in chiave più sognante. Con quest'album Charlie racconta la propria visione del folk, ben inserita in un contesto riconoscibile che piacerà ai seguaci del genere. (Gilberto Ongaro)