recensioni dischi
   torna all'elenco


PAOLO BALTARO  "The day after the night before (Original soundtracks for imaginary movies)"
   (2017 )

A dire che ora parliamo del "secondo album" solista di Paolo Baltaro sembra di descrivere la seconda produzione di un esordiente che fa un passo avanti. In questo caso dobbiamo invece tenere conto della lunga esperienza in campo musicale, il lavoro come produttore discografico, la composizione di musiche per programmi televisivi, la partecipazione a Sanscemo 1992, la collaborazione con Freak Antoni e tantissime altre informazioni. Tutte le esperienze precedenti fan sì che questo album "The day after the night before (Original soundtracks for imaginary movies)" presenti una varietà di influenze sorprendente, e una ricercatezza consapevole anche nello sberleffo. E nonostante la ricchezza di riferimenti e la raffinatezza degli arrangiamenti, tutto risulta comunque leggero da ascoltare, anche se in aperta polemica alla tendenza di creare singoli da playlist. Quest'album va ascoltato tutto. Infatti, se ci si ferma ai primi due brani "Do it again - acoustic version" e "Postcard from Hell", non si notano particolarità eccezionali, fin qui si può parlare di pop e rock abbastanza tranquillo. E' dal terzo pezzo "Cole Porter and Frankz's Birthday Party" che si svelano i numerosi assi nella manica. Questo è un pasticcio che, se all'inizio inganna con il vocoder e sembra partire come elettro house, un coro di auguri per il compleanno di Frankz (chiaramente Frank Zappa) ci introduce ad un fusion dal vibrafono per l'appunto zappiano, ma poi c'è un ponte che sembra fare il verso a ''Grease'', una parte jazz con sax e voce scat all'unisono, e un arrangiamento di trombe che non ha nulla da invidiare a quelli esaltanti di Demo Morselli. ''Goodnight'' è un rock con l'incipit del rumore dei binari battuti dal treno, e infatti il testo inizia con "Waiting for a train". L'intro iniziale di chitarra pulita ricorda un po' lo stile di Robben Ford in "Life Song (one for Annie)", il ritornello è valorizzato da un coro femminile, e ancora una volta l'anticonformismo di Baltaro si fa sentire: "I'm waiting for another rainy day, another f**ing hardcore day". Il brano successivo però delude le sue aspettative, infatti si chiama "Another sunny day", che è un incalzante rock melodico. Ora è il momento della prima cover, "Bike" dei Pink Floyd, stravolta ancora da un arrangiamento zappiano. Lo xilofono inizialmente richiama la melodia principale, e poi ci sono dei versi (proprio dei versi, smorfie) e il momento dove inizierebbe il trip psichedelico nell'originale, qui corrisponde a un dialogo fra sassofono e flauto traverso, che poi esplode in una corsa che poi si calma di nuovo, diventa jazz e cade rapidamente come amano fare i Deep Purple... ma il suono finale che Syd Barrett aveva scelto per chiudere la sua ''Bike'', qui viene sostituito da un esilarante cane che abbaia! "Nowhere Street Part II" è la versione 2.0 di "Nowhere Street", un rock orecchiabile a cui è stata elaborata elettronicamente la voce à la Daft Punk. "Pills" è un fusion dove la batteria presenta elaborazioni industrial in strofa, mentre il ritornello è pop blues più sereno, ma continuano le sorprese con il sitar e i fiati. "Silent song", anche se cantata in inglese, è un tipico rock italico, con i quarti ribattuti, nonostante compaia una tromba british. Ora è il momento della seconda cover, "It's allright with me" di Cole Porter, qui interpretata come un hard rock molto seventies, che a metà diventa un funky fusion dove il basso compie delle passeggiate come quelle di Faso degli Elii, anche se poi la distorsione avvicina più a Pastorius. Verso la fine c'è un'incursione di voce sudamericana inserita in modo che sembri totalmente fuori contesto, come uno scherzo degli EELST. Ricompare alla fine "Do it again - electric version", che rende giustizia a questo brano pop rock orecchiabile, presentato all'inizio in chiave acustica. C'è una traccia nascosta, "Revolution n.13-11", che fa il verso all'allucinante "Revolution 9" dei Beatles, con voci rallentate, e al posto del ripetuto "number nine" ci sono "number thirteen" e "number eleven", mischiate a voci di film italiani. Qui non è stato scritto tutto, perché le sorprese sono davvero tante, cori anni '50 messi a tradimento, finti errori di produzione, gag, ed elencare tutto freddamente vi rovinerebbe la sorpresa. "The day after the night before (Original soundtracks for imaginary movies)" è un album da ascoltare e riascoltare per scoprirne tutti i colti giochi musicali, e Paolo Baltaro si mostra uno degli artisti italiani all'estero più interessanti, per la libertà creativa che sfrutta pienamente. (Gilberto Ongaro)