recensioni dischi
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REBIS  "Qui"
   (2017 )

La terra: questa sfera imperfetta e sospesa nell’universo sulla cui superficie l’uomo ha cercato sempre punti di riferimento e sicurezze. Per questo “il bipede razionale” ha tracciato linee immaginarie e confini, posizionato bandiere, separato modi di pensare, pregare e vivere, creato divisioni tra sé e i suoi simili sulla base di tutto ciò che sta dietro la definizione di cultura. Questi espedienti artificiali sono abbattuti dal duo genovese dei Rebis attraverso la musica e raccontando tutto ciò che unisce il genere umano con sonorità dal sapore mediterraneo. Il risultato è “Qui”, secondo album prodotto da Primigenia, dove la chitarra di Andrea Megliola e la voce di Alessandra Ravizza si incontrano con un ensemble di validi strumentisti e in 11 tracce esprimono in maniera toccante l’universalità di emozioni e sentimenti. Non esiste colore della pelle, credo religioso, differenza linguistica quando si prova amore verso una persona desiderata o verso la terra; non esiste differenza tra uomini quando si prova nostalgia di casa, paura per una guerra, terrore per le atrocità; non esiste diversità quando si spera nel futuro. Questo è il senso più profondo che “Qui” esprime e si affida non solo all’italiano ma anche all’arabo, al francese, all’inglese, al benin e al wolof, creando così un ponte per unire ciò che l’incomprensione ha separato. Melodie orientaleggianti si coniugano alla perfezione con la voce di Alessandra, che culla l’ascoltatore sulle onde di un mare che dagli abissi restituisce alla superficie l’amore (“Vincimi con i tuoi occhi”, “Ritornerò in autunno”), l’attaccamento alla propria terra (“Partoriscimi di nuovo”, “Ma maison”), lo sgomento per le barbarie (“Goodbye Amal”, “Cercami nel mare” e “Da bambina”) ma anche la nostalgia (“Wadi Nostalgie”) e la speranza (“Pioggia fine”). “Qui” è un lavoro che non ha mezze misure: o piace, e allora lo si ascolta e riascolta tutto d’un fiato e ci si innamora, oppure si passa avanti, traccia dopo traccia, dopo pochi secondi, considerandolo noioso. E’ un limite ma anche un pregio, perché i Rebis sono riusciti, con una sapiente miscellanea di suoni, a toccare le corde emotive con sonorità libere e spensierate in grado di scavare nel profondo dell’animo umano, in barba a chi ama semplicemente stare in superficie con musica meno di nicchia e senz’altro più frivola. (Angelo Torre)