recensioni dischi
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FUKJO  "Quello che mi do"
   (2017 )

Attualmente un quartetto passato attraverso mutamenti di line-up e prestigiose frequentazioni, sia in studio sia on stage, i pugliesi Fukjo pubblicano “Quello che mi do”, cinque tracce che seguono a qualche anno di distanza il debutto di “Wasabi” (2013). Registrato a Padova da Giulio Ragno Favero, l’ep conferma la solidità di una band la cui dimensione live appare evidente nel taglio dei brani proposti, caratterizzati da una scrittura ruvida e spigolosa. Sincera e passionale a suo modo, attraversa strisciante i brani una squadrata malevolenza, più stilema che novità, espressione talora derivativa rispetto a modelli di immediata identificazione, ma ruvida e potente quanto basta ad esaltare sonorità granitiche e lussureggiante produzione: più figli di Afterhours (“Amorevolmente” e “Saturno contro”) o Verdena (bello il taglio stralunato di “Winchester”) che del Teatro Degli Orrori, dei quali non possiedono la corrotta violenza, i brani spiccano comunque sia per la buona rifinitura sia per la coerenza stilistica che li anima. E se vestigia delle citate band sono sparse nei primi tre episodi, fedeli ad un’etica/estetica così apertamente indie – termine divenuto stilema anch’esso, ma talvolta calzante -, molto meglio funzionano le cose nei due pezzi conclusivi, che riservano le idee migliori della raccolta. Accade nella title-track, con un break ritmico a metà brano che ricorda addirittura l’ossatura di “The beautiful people” del Reverendo Marilyn Manson prima di allargarsi in un’inattesa coda slegata, e soprattutto in “Nord”, dall’afflato quasi emocore, aperta ed atmosferica a suo modo, sublimata ancora da una chiusa sospesa, avulsa dal tema portante. Interessanti i testi, introversi e visionari quanto basta per fungere da contraltare ad una musica tesa ed aspra, decisamente intrigante quando sa rinunciare alla linearità. (Manuel Maverna)