recensioni dischi
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BLONDE REDHEAD  "3 o'clock EP"
   (2017 )

Nel 2017, i Blonde Redhead sono oramai un’istituzione, impossibile non riconoscerne l’importanza o la grandezza dopo lunghi anni di cristallino sfoggio di introversa, rarefatta, elitaria classe fatta musica. Analogamente, non c’è più molto da scrivere su Kazu Makino e sui gemelli Pace, artisti distanti e sfuggenti che il loro percorso lo hanno compiuto negli oltre vent’anni di una carriera segnata indelebilmente dal riscontro pressoché unanime di pubblico (meno) e addetti ai lavori (più). I Blonde Redhead non si mettono in discussione, sebbene vi sia chi lo ha fatto all’indomani della pubblicazione di “Barragàn” (2014), album ambiguo e zoppicante tacciato di indugiante incertezza, colpevole soltanto di essersi forse distaccato dal cliché – absit iniuria verbis – di quella pietra miliare che fu “Misery is a butterfly” (2004), spartiacque fra i Blonde Redhead più contorti e cerebrali dei primi cinque album e quelli apparentemente accomodanti - in realtà trascendenti e straziati - della seconda fase, che ancora oggi perdura. Non è un caso che proprio nel profondo solco scavato da “Misery”, riproposto integralmente nel tour del 2016, si muovano le quattro tracce di questo “3 o’clock”, epifania di un nuovo passo laterale o inevitabile urgenza espressiva, non è per ora concesso sapere. Declinato nelle consuete tonalità minori ed immerso in spirali di tenue melanconia, ad esempio nella title-track, il verbo del trio assume le sembianze cangianti di ballate avviluppate su sé stesse, le prime due affidate alla vocalità mesmerizzante di Kazu, le seconde al crooning algido di Amedeo. Archi e – novità – fiati si inseriscono nell’abituale tappeto di dilatazioni simil-psichedeliche che dilagano nella coda barocca di “Golden light” e che si addensano sulle nubi impalpabili di “Where your mind wants to go”, filo sottilissimo teso fra una straniante melodiosità ed una dolcissima noia da cui è comunque piacevole lasciarsi cullare. Quattro tracce che si crogiolano nel languore romantico di temi ed atmosfere già ampiamente consolidati: nulla di nuovo, ma nessuno glielo può chiedere e nessuno, in fondo, lo vuole. Io compreso. (Manuel Maverna)