recensioni dischi
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FALCO  "60"
   (2017 )

Basterebbe sapere quanto in Austria si festeggi quello che sarebbe stato il suo genetliaco numero 60, per capire come Falco, qualcosa nella sua patria, lo ha lasciato. D’altronde non è una bestemmia pensare che, musicalmente parlando, lui venga, nella classifica di quel paese, dopo Wolfang Amadeus Mozart. Amadeus, appunto. La sua storia è quella di un soggetto che magari ricordiamo per solo due o tre canzoni, ma che intanto con queste è arrivato al numero uno negli Stati Uniti, unico a farlo in lingua tedesca (roba, al giorno d’oggi, alquanto impensabile). E che poi, come normale che fosse, si è un po’ eclissato: d’altronde, cantare non in inglese non era il modo migliore per garantirsi la continuità. Deceduto nel 1998, Falco da quel giorno in Austria è motivo di continue commemorazioni, spettacoli teatrali, e proprio in occasione dei suoi 60 anni questo raccoltone fa il punto sui suoi più grandi successi, su quelli minori ma comunque arrivati per intenderci anche da noi (“Vienna calling”, “Jeanny”, “The sound of musik”), sui suoi errori (una atroce collaborazione con Brigitte Nielsen, che forse nemmeno il vero Mozart sarebbe riuscito ad elevare a dignità musicale), ed è una prova di come Falco non fosse solo lo strano sparaliriche in tedesco – a dire il vero non era nemmeno tedesco, ma una specie di dialetto austriaco – di “Der kommissar”, ma che avesse anche uno spessore difficile da estrapolare, per chi gli si avvicinava con il sospetto di avere a che fare con un classico one-hit-wonder. E, allora, ecco una idea: andatevelo a riscoprire, pensando a lui non come quello che ha trovato un jolly, ma come a chi, a modo suo, ha fatto la storia del pop degli anni '80. E se dite “facile fare i fenomeni in Austria. Se non facessero il francobollo per lui, o per qualche sciatore, resterebbero solo le mucche e i cantori di schlager”, forse avete ragione. Ma intanto arrivate in cima al mondo con un rap in austriaco, poi fatemi sapere. (Enrico Faggiano)