recensioni dischi
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12BBR  "12 Bars Blues Revolution"
   (2017 )

Esordiscono i palermitani 12BBR, con il loro Ep che come titolo ha il nome della band per esteso: "12 Bars Blues Revolution". Ci propongono un garage rock un po' psichedelico, con reminescenze della scena americana anni '60 e della più recente indie inglese (Arctic Monkeys in primis, anche se fortunatamente non ne sono degli epigoni). "How does it end?", il pezzo d'apertura, ha un inciso melodico di chitarra dal timbro nasale che fa capire da subito il sound di riferimento, con molto riverbero sulla voce ed accompagnamento di hammond. "Scatterbrained" ancora di più rievoca scenari texani e lisergici, mentre "Pistol Burnt" ha un intenzione più tagliente, debitrice di Jimi Hendrix, così come il testo è aggressivo. Con "Breeze" torniamo nell'estasi mentale, dove nella sempre efficace magia dell'organetto (azzardo, potrebbe essere un Farfisa?) si affrontano riflessioni personali: "Stop to follow, start to think". "Cold floor" è la canzone di chiusura e ha una leggera vena malinconica; "Please don't let me go home, please don't let me get down" chiede il testo, e la chitarra gioca con accordi minori imprevisti, e c'è spazio per un assolo. C'è anche una ghost track, per la quale non c'è molto silenzio da aspettare, e qui il blues rock (in shuffle) è più evidente rispetto ai brani "non fantasma". Dentro questo brano c'è anche una melodia cantata da ripetere in coro, divertente come quella della celebre "Land of 1000 dances" di Wilson Pickett. Un esordio dai riferimenti musicali ben precisi, per una band che può suscitare interesse negli ambienti indie rock un po' vintage, e in chi ama i White Stripes. (Gilberto Ongaro)