recensioni dischi
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LE CITTA' INVIVIBILI  "L'odore del nulla"
   (2017 )

Certamente con un simile nome non ci si può aspettare musica leggera e di facile fruizione. "L'odore del nulla", nuovo lavoro del progetto Le Città Invivibili, è un plumbeo muro sonoro dove protagonista è lo sferragliante basso, assieme a chitarre distorte e spesso dissonanti, infatti stiamo navigando nelle acque malsane del noise rock, come non se ne sentiva dai primi anni del millennio. La personalità disturbata del progetto musicale emerge nei passaggi più duri e taglienti come verso la fine del secondo pezzo "Il vento". Le voci, alternate tra quelle di Pasquale e Simonetta (i due fondatori e membri fissi), sono mantenute molto dentro il mix e spesso sono sommerse dagli strumenti e le parole si percepiscono a fatica. L'effetto è senz'altro voluto e programmatico, anche perché i brani sono per la maggior parte del tempo strumentali e la voce svolge funzione narrativa. Inoltre in "Vertigine", prima che il basso venga percosso con sorprendente brutalità, il sospiro iniziale dice (se non mi sbaglio): "Fuggire, dare fiato, ali crude alcoliche, esasperare l'impossibilità di un respiro, ahhh". Quindi anche quando i testi si fanno intelligibili, ciò che apprendiamo non è edificante: si affrontano le oscurità della società contemporanea, priva di identità e di prospettive; ma senza la ricerca retorica di una qualche soluzione o rivoluzione. Semplicemente si descrive la percezione della realtà, dal punto di vista sociale ed ambientale, come ad esempio nel suggestivo pezzo in 5/4 "Il fiume": "Sono il fiume dei detriti che la Terra perde nel suo invecchiare (...) il mio scorrere non è che il pianto del mondo". La responsabilità umana nei confronti della natura è richiamata ne "Il muro": "Le nostre abitudini vigliacche che non buttiamo via". La voce di Simonetta in "Verità", così urlata, fa ricordare un po' quelle voci riottose che si sentono nel digital hardcore degli Atari Teenage Riot, invece in "Finestre parte III" Pasquale opta per un parlato. Surreale la scelta di inserire talvolta, all'interno di queste barriere rumorose, delle parti per tromba, come in "Rosea", che sanno di resistenza umana all'atmosfera polverosa e post-apocalittica generata da chitarra basso e loop di batteria. Il brano di chiusura "Àgalma" presenta una melodia cantata da Pasquale: "Sai, quando dormirai e non capirai io ascolterò, nell'anelito che nasconderai, io cercherò il tuo brivido che attraverserai." Curioso il titolo: àgalma è una parola molto significativa che gli antichi greci usavano per riferirsi sia ad un simulacro della divinità (una statuetta, un tesoro, un oggetto di culto), sia al desiderio scaturito dall'immaginario. E' un concetto che al giorno d'oggi è utilizzato e banalizzato nel commercio, e corrisponde a quel desiderio e quella venerazione che i pubblicitari cercano di ottenere per far acquistare prodotti anche inutili, ai quali però i consumatori attribuiscono un valore psicologico, irrazionale. Inserire nel pezzo di chiusura un simile concetto, la ricerca quasi feticistica di un qualcosa a cui essere devoti, dopo un intero album che trasforma in suoni la totale negazione nichilista di qualsivoglia valore, è una sberla critica non indifferente! Le Città Invivibili si confermano, come nell'Ep precedente, un posto non adatto ai cuori teneri, ma anche una bella sfida per i più impavidi; sfida che, una volta vinta, lascia piuttosto soddisfatti. (Gilberto Ongaro)