recensioni dischi
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THE SOMNAMBULIST  "Quantum porn"
   (2017 )

Di drop-out ed arzigogolati percorsi la musica da sempre si nutre, partorendo in nicchie ben celate alla vista dei più anche situazioni capaci di suscitare un interesse sotterraneo lontano dai clamori e dalla popolarità. Di stanza a Berlino, The Somnambulist sono un trio fondato dal cantante e chitarrista Marco Bianciardi, esule italiano che nel 2009 diede vita al progetto insieme al multistrumentista Rafael Bord ed al batterista e percussionista Marcello S. Busato. All’insegna di un afflato sperimentale che giocava con la psichedelia non disdegnando incursioni in territori al limite dell’improvvisazione e del neoclassicismo, il trio ha realizzato due album in studio - “Moda Borderline” (2010) e “Sophia Verloren” (2012) - ed un live - “Live in Berlin” (2011) - prima di ripresentarsi sulle scene lo scorso anno in nuova formazione con il bassista Thomas Kolarczyk e il drummer Valentin Schuster (sebbene la batteria che ascoltiamo oggi sull’album sia quella registrata già nel 2015 da Luca Andriola). Delle sedici tracce - per settanta minuti di musica agonizzante e ondivaga - che compongono “Quantum Porn” (appena uscito per Slowing Records), otto figurano già sulle tre release del 2016, altrettanti ep che fungono da preludio ad un lavoro la cui claustrofobica indole permea ciascun episodio di un’aura soffocante. Un sinistro martellamento memore di oscurità wave dei tempi che furono abbraccia strutture tipicamente colte che discendono dai Japan come dai Bauhaus, dai Talking Heads come dai Notwist, in un bailamme che concede e sottrae riferimenti mentre irretisce in una ubriacante trama di tentazioni atonali, chitarre disturbate, ritmi impazziti, variazioni imprevedibili. Quella plasmata in “Quantum Porn” è una musica che arranca fra spigoli e asperità, un intrigo che opprime con l’eleganza vagamente cerebrale di idee mai lineari, figlio da un lato della rilettura che di Byrne e soci seppero fornire i canadesi Ought tre anni orsono, dall’altro emanazione diretta di un’idea, piuttosto che di una corrente o di un genere. Brutale “Transverberate”, brano di apertura di rara perfezione stilistica, singhiozzo metronomico, cadenza spasmodica in controtempo, voce baritonale che ricorda il registro di Peter Murphy e tutto un mondo di contorno, fino al post-punk gelido e letale di David Thomas, perfino bowieana l’ipnotica “The Unmanned Song”, quasi grunge (sic!) la bordata di “Unbegotten”, con il fantasma di Scott Weiland sullo sfondo; ma in un fluire ininterrotto di trucchi e inganni il trio passa con algida indifferenza dall’accelerazione feroce e scomposta di “Scurf” alla sassata nevrotica e spettrale di “Goddamnland”, dal pastiche sbilenco e malato di “A Ten Thousand Miles Long Suicide Note” - variazioni assortite e avant degne di Beefheart - ai rigurgiti gutturali di “Resume Where God Has Stopped”, tentando ogni possibile strada come degli Ulver impazziti. Echi sparsi di Sisters Of Mercy, borborigmi che ricordano dei Roxy Music in acido (“The Slowing Clock”), cadenze albiniane (“Ronald Stark”), ombre lunghe di Alice In Chains (sic!) che si materializzano in una “Sundrum Ln” con coda free, dilatata su uno sferragliare tenebroso avvolto da una melodia lugubre: sono solo suggestioni, visioni, miraggi, accenni, ipotesi, rimandi. Nulla di sicuro, neppure l’incedere orrifico di “The science of hidden purposes” o la chiusa sospesa, finalmente placata, di “Green Ice”: non c’è requie, nulla di confortante, nessun appiglio, solo un labirinto di specchi senza uscita. Impossibile ricondurre cotanta materia sonora ad ascendenze precise, altrettanto improponibile tracciare un albero genealogico che in linea retta unisca i puntini da 1 a qui. The Somnambulist è un rebus tanto complesso da spiazzare ed infastidire, ma come accade con i rompicapo più difficili ti tiene inchiodato alla ricerca di una soluzione. E “Quantum Porn” sarà pure la ben consapevole negazione della piacevolezza d’ascolto, ma attrae a sé in un cul-de-sac fatto di molti dubbi e ben poche certezze, una bolla effimera senza paletti né punti fermi. New wave of what? (Manuel Maverna)