recensioni dischi
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NOON  "Rami"
   (2017 )

Cosa ne vogliamo fare della nostra vita: provare ad essere primattori o recitare un misero ruolo di passivi spettatori? E’ uno dei temi centrali trattati dai Noon in “Rami”, che promulgano il loro esordio con 11 pezzi, costellati di musica oscura, fredda, ma capace anche di scaldare gli animi con morbide sequenze pop e risvegliarli con sapienti scossoni. Il valore aggiunto dell’album è la carezza collaborativa di Roberto Dell’Era degli Afterhours, che non si limita a decorare qua e là i pentagrammi col suo polistrumentismo, ma perfino a donare l’ugola in un brano, “Guerra sugli alberi”, ballad d’effetto, con arpeggi e svisate suggestive a narrare l’inconcludente passaggio di un’altra generazione immobile. Simile morbidezza vige anche in “Heidi 12”, con un sano duello tra chitarre acustiche che danno l’idea dell’immenso amore che prova un genitore verso un figlio: emozionante. E poi i Noon affidano i “Mille rami” del futuro alla speranza (sebbene gli scenari non siano propriamente idilliaci), con un sound oscuro e incalzante, tra tagli di Sigur Ros e strali di Radiohead. Visto il grande freddo che alligna nella condizione umana, la strumentale “Is” non fa che confermarlo, con pregnante elettronica a creare levitazioni auree ed evanescenti di grande effetto. Sicuramente insolita è “Duluth”, dall’andatura estraniante con spazzole jazzy ad affermare la delicatezza tematica, che trasmette una stimolata nostalgia per chi ha dovuto, per forza di cose, cercare fortuna allontanandosi dalle proprie origini. Struggente fino al midollo è, invece, “Scatola1”, incorporea e intensamente riflessiva sulla fragilità della vita. E’ sorprendente come i Noon ostentino già una bella maturità, con appena tre anni di militanza. In poco tempo sono riusciti ad aggiudicarsi vari riconoscimenti ed essere support-band di live importanti (Calcutta, su tutti). I “Rami” proseguono la crescita con “Valdaro”, in chiave doppiamente acustica-noise, in cui regna la disperata constatazione dell’inutile importanza delle cose, che già domani sono stantie ed obsolete. Infine, riducono le sonorità al minimo sindacale con una splendida ballata, “Giganti (i ragazzi di Aberdeen)”, zuppa di reminiscenze che attanagliano l’anima in malinconici quadretti-amarcord. Protendiamo i nostri rami esistenziali verso un futuro migliore e ci ricorderemo, senz’altro, del risveglio metaforico suggerito da quest’album: “Rami”, che potevano crescere solo se alimentati con lo speciale humus dei Noon. (Max Casali)