recensioni dischi
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CHIHEI HATAKEYAMA  "Mirage"
   (2017 )

Da un viaggio in Turchia, il giapponese Chihei Hatakeyama torna nell'Impero del Sol Levante con dei ricordi vividi, e li traspone in musica creando un vero e proprio miraggio acustico. "Mirage" (uscito per Room 40 label) è un viaggio che si può compiere percorrendo chilometri fermi nel salotto, un album di nove tracce minimaliste che trasportano lo spirito e stimolano la fantasia e la creatività individuale. "Sad ocean" presenta un'atmosfera dilatata, come tutti i brani del resto; in "Starlight and black echo" si scorgono anche dei delay di chitarra, oltre ai suoni di tastiera ed elettronici, ma la cosa che balza alle orecchie sono le frequenze basse sollecitate. I riverberi e gli echi si sommano costantemente al suono di partenza, come i rimbalzi di luce nei giochi di architettura. "Bus Terminal in Konya" è introdotta da un ambiente reale di annunci a megafono e rumori di ferro, che danno poi spazio ad altri drones (bordoni, suoni continui). "Voices on the corner" sono suoni soffiati come portati dal vento, pare di avvertire anche le onde del mare nel blocco centrale del pezzo; successivamente i suoni più acuti vengono lasciati soli a penetrare, senza dolore, le orecchie e la mente. "Distant stream train whistle" presenta il primo suono secco dell'Lp: un cordofono secco, potrebbe essere semplicemente una chitarra come un suo equivalente etnico, tanto la mente è così confusa a questo punto che non distingue gli strumenti con precisione musicologica. Gradualmente prendono il sopravvento le voci di sottofondo, un vociare di bambini e adulti per strada, presumibilmente turchi. Infine una chitarra elettrica pulita esegue arpeggi con una certa flemma. Ed ecco tornare gli accordi gravi e continui di "Anatolia mirage", eseguiti da un cuscino di venti. "Phantom cats in cathedral" inizia con voci che intonano un canto popolare, nascosto nell'ossigeno musicale. "A silence of day" crea una certa sensazione perturbante: il pad usato è affiancato dal fruscio dell'aria, come se la registrazione fosse in presa diretta, ma così non è. Perciò, il fruscio sembra legarsi alla realtà uditiva attorno all'ascoltatore, e di conseguenza anche il pad assume la forma di un'entità che, anche se è astratta, è presente e vicina, come un'imminenza percettibile ma non definibile. Sono i ricordi che prendono forma ben chiari nella testa, ma che restano comunque impalpabili. Il viaggio termina con "In the quiet river", che come l'iniziale "Sad ocean" presenta una staticità che concilia la concentrazione necessaria per lo yoga, o comunque per la meditazione trascendentale. Chihei Hatakeyama ci aiuta a fare sogni lucidi, rendendo quasi tangibili le sensazioni e le immaginazioni. (Gilberto Ongaro)