recensioni dischi
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DAMO SUZUKI & SOUND CARRIERS  "Live at Marie-Antoinette"
   (2017 )

Damo Suzuki, cantante giapponese e dal 1970 al 1973 voce dei Can, storico gruppo kraut formatosi a Colonia, è da poco tornato sulle scene con un disco (uscito per la Play Loud! Productions) per il quale si è avvalso della collaborazione di tanti altri grandi musicisti. Il progetto, in realtà, unisce musica e cinema: si tratta, infatti, della registrazione di un concerto realizzato nel 2011 al Marie-Antoniette di Berlino. Sul piccolo palco del locale tedesco, Suzuki era accompagnato dall’elettronica di Ilpo Vaisainen dei Pan Sonic, dalla chitarra di Michael Beckett, dalla batteria di Class Grosszeit e dalla danzatrice Tomoko Nakasato, oltre che dalla chitarra baritono di Dirk Dresselhaus, il quale ha confessato che nelle due ore di concerto (divise in due CD contenenti entrambi due pezzi da circa mezz’ora) il gruppo faceva fatica ad ascoltarsi ma, nonostante non avessero provato né pianificato nulla, il risultato raggiunto sia stato alto, frutto di una comunicazione quasi telepatica. Si inizia con “Geheimnisvolles Treffen Auf Der Anderen Seite Des Nebels”, con un incedere abbastanza lineare e un tappeto elettronico a fare da sfondo alle increspature determinate dalle chitarre e dagli effetti, prima dell’edificazione di un robusto muro sonoro nel finale. Più tesa e concitata è “Stern Des Narren”, mentre Suzuki si conferma estremamente duttile e capace di adattarsi alle varie “fasi”. Il sound è più esplosivo, contiene tracce di psichedelia come il precedente, ma ha un passo pesante e in alcuni frangenti è più sporco, con ammiccamenti al garage. “Die Leere Fullen”, il terzo quarto dell’opera e prima metà del CD2, si inerpica su suoni elettronici avvolgenti e su un’effettistica molto presente e curata prima di schiudersi grazie al lavoro delle chitarre. “Wirkliche Antwort Auf Unsichtbaren Spiegel” suggella l’opera con il timbro graffiato e il tono solenne di Suzuki, accompagnato da suoni secchi ma molto acidi che seguono un crescendo e, dopo il climax, iniziano a rallentare sino a sfumare nei sette minuti conclusivi. L’opera è molto complessa e l’impressione è che su disco il sound sia meno pulito rispetto al live, ma resta un’esperienza profonda, in grado di segnalare un contatto fra musica e cinema. (Piergiuseppe Lippolis)