recensioni dischi
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BRUCE SPRINGSTEEN  "The rising"
   (2002 )

"The Rising" segna l'atteso ritorno di Bruce Springsteen e la E Streets Band. L'apporto della più esplosiva r'n'roll band degli ultimi 30 anni è alterno, c'è più Springsteen, la sua voce non urla più per tutto lo scorrere del disco, ora riesce a dominarla, ma il tutto, devo dire, con sorpresa, suona e suona alla grande. L'album è pervaso da memorie e flash del disastro dell'11 settembre, tutto sembra rievocare e ricordare continuamente quel giorno, le storie, anche quelle d'amore, hanno come sfondo qualche pennacchio di fumo che si alza verso il cielo all'orizzonte, un giorno che ha cambiato la vita di tanti ma soprattutto, sembra, quella del boss. L'inizio promette bene, "Lonesome day" sembra avere la carica giusta, l'impatto ricorda "The Ties That Bind"... non male. "Into the fire" fa parte della nuova vena compositiva (vedi "Tunnel of love") ma funziona. Qua e là come in "Waitin' on a sunny day" cominciano ad emergere i riverberi del passato splendore, e soprattutto The Big Man torna a far assaggiare il suo sax in compagnia di un inatteso ma graditissimo violino. La nuova vena melodica si materializza in una "Nothing Man" senza infamia e senza lode che si dimentica subito grazie alla grande "Countin' on a miracle", portatrice sana di quel suono che abbiamo nel cuore e comprensiva di un breve assolo di chitarra. "Empty Sky" gioca su un bel giro armonico di chitarre acustiche, sobria e sapida con un gradito ritorno: l'armonica. Qualche cosa di nuovo nelle sonorità lo si può respirare nell'incipit di "Worlds Apart", che auspica un avvicinamento dei mondi lontani, quello islamico e quello statunitense, attraverso l'amore: grande canzone, grande assolo di chitarra. La produzione è eccelsa, bei suoni, belli gli arrangiamenti, i cori e le costruzioni delle songs come nella deliziosa "Let's be friends (skin to skin)", dove ritorna il caldo suono del sax di Big Man. I suoni familiari li ritroviamo in "Further on up the road", una sapida rock-song che vede il trionfo di Max Weimberg e Danny Federici, ma soprattutto dell'antico fulgore. Il Boss è ancora in grado di graffiare come in "The fuse", una ballad intensa ed evocativa (11 settembre docet), di gran lunga il brano migliore dell'album. "You're missing" non aggiunge niente, ma si lascia ascoltare, mentre le dolenti note arrivano con il singolo "The rising", una canzone nella media, nata per essere singolo. "Paradise", invece, è la canzone che farà più discutere: racconta lo stato d'animo di un terrorista prima di un attentato, non una condanna ma un racconto alla Ludlum, che lascia aperte molte vie di interpretazione, lenta, meditativa e coinvolgente. L'album si chiude con "My city of ruins", un brano che Springsteen teneva nel cassetto da tempo e che ha estratto a sorpresa dopo le Twin Towers e che ora ha trovato, non a caso, la sua giusta collocazione al termine dell'album. Nel complesso c'è un po' di vecchio ed un pizzico di nuovo, in un buon equilibrio musicale che potrebbe rendere "The rising" il disco della rinascita di Springsteen. (Lorenzo Bazzani)