recensioni dischi
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REVEERS  "To find a place"
   (2017 )

Con il loro album "To find a place", esordiscono i Reveers, una band post-rock che attinge dalle atmosfere rarefatte degli Explosions in the Sky, riscontrabili fin dal primo brano "Low to the ground", pezzo di una vaga malinconia ma dal colore chiaro, dove oltre agli accordi aperti (settime maggiore a profusione) c'è anche una ricerca nell'utilizzo di note fuori dalla tonalità, da parte della chitarra elettrica piena di riverberi, delay ed echi. Spesso i brani sono sostenuti da appoggi di pianoforte, come in "Music for a silent film", canzone della durata di 7 minuti con un incipit di campanelli che però non fanno il tipico "scampanellio", bensì tessono degli accordi statici. La voce canta a volte tenendo delle note lunghe. Due pezzi sono costruiti su tempi dispari: "Spheres" in 7/8, "Mosaico" invece ha la strofa in 5/4 e il ritornello in 7/4, e proseguono questa musica dalla consistenza quasi impalpabile. La parte centrale di "Thesis, antithesis & synthesis" è psichedelica e trasognata, e in "Fortune teller", la chitarra ha un suono che richiama alla mente quello dei Genesis nei momenti più quieti di "Supper's Ready". Il basso elettrico è melodico, non fa solo le note toniche. Si crea quindi una sorta di staticità in movimento, un ossimoro che mantiene l'attenzione nonostante la lunghezza di diversi brani. C'è una malinconia costante che però non è mai deprimente, la leggerezza degli arrangiamenti accarezzata dall'elegante basso fa fluire l'ascolto. C'è anche una coerenza di base abbastanza nitida, per la quale tutti i brani possiedono più o meno le stesse caratteristiche finora descritte. I Reveers sono una band che può piacere a chi ama sognare ad occhi aperti, e a chi piacciono i Mogwai, però con l'aggiunta di una voce cantante. (Gilberto Ongaro)