recensioni dischi
   torna all'elenco


MOON GRAVITY  "Antarctica"
   (2017 )

Moon Gravity è lo pseudonimo dietro cui si cela il musicista svedese Stas Neilyk, già nel progetto Star Horse e qui al debutto solista su label Silber Records con i ventitre minuti di “Antarctica”, tre lunghe tracce di suadente, impalpabile bellezza intrise di una impressionante quantità di influenze, rimandi, ascendenze e suggestioni fusi in un magmatico magnetismo che irresistibilmente attrae e confonde, ammalia ed inghiotte. In una bolla di eterea purezza screziata da inserti che giocano con la psiche come il gatto col topo, Stas declina in linguaggi ben noti un flusso ipnotico scisso tra shoegaze e trance estatica: inutile snocciolare elenchi di echi e debiti, ma ovunque fanno capolino spettri di My Bloody Valentine e Flying Saucer Attack, di Red House Painters e perfino dei fratelli Reid più stralunati ed astratti, particolarmente nel pulsare liquido ed assorto dell’iniziale “Nightfall”. Il canto di Neilyk – piatto ed incupito, ma profondamente evocativo pur nel suo gelido salmodiare che culla e coccola - si innesta come strumento aggiunto su dilatate litanie, diafane e ondivaghe, definendo un lavoro capace di allargarsi in nebulose di rumorismo tenue ad un passo dal post-rock evoluto di Efrim Menuck & soci o di aggrapparsi al battito rotondo del basso che devia i dodici minuti di “Snowstorm” verso lidi scopertamente kraut. A tratti dream pop glaciale, sospeso fra la colonna sonora di Twin Peaks e droni di elettricità distillata, borborigmi e graffi gentili, “Antarctica” trova sublimazione nei cinque minuti di “Purpling”, arpeggio sfuggente ma insistito che attraversa un panorama di feedback e riverberi fatto di distanze incolmabili, mondi lontanissimi ed orizzonti perduti, linguaggio al contempo antico e post-moderno che tanto cita senza nulla rubare. (Manuel Maverna)