recensioni dischi
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LOST DOGS LAUGHTER  "Out of space"
   (2017 )

Intriso di un’aura diy, casalingo e ruspante, “Out Of Space”, esordio autoprodotto dei romani Lost Dogs Laughter, è tuttavia abile nello sfruttare una risorsa non indifferente: ha buone canzoni che filano lisce, brani ben concepiti e strutturati con fruttuosa semplicità. In nove tracce elettriche memori di fasti seattleiani all’insegna di un rock piuttosto tradizionale, talora insistendo con perdonabile foga su un canto stentoreamente calcato (“Words Unknown”), la band macina con autorevolezza pezzi squadrati virati sovente in tonalità minori, conferendo ad arie taglienti una mestizia sfuggente, patina di melanconia stesa su un incedere essenziale ed asciutto. Deflagrando con sorprendente maestria nella robusta accoppiata d’apertura (la nirvaniana “Sweeter Reaction” e l’inappuntabile “Honestly”, verve e riff da Therapy?), i tre guidano il leggero boogie sudista di “Fade (September 1993)” verso un finale in crescendo lontano dal tema iniziale, inglobano tratti dei Pearl Jam nella spinosa “Am I”, incarnano una versione ruvida dei R.E.M. negli episodi meno irruenti (“Out Of Space”) ed azzardano addirittura in “The Forgetful” - tra le migliori idee dell’album - una batteria in controtempo ed un’armonia tra i Fields Of The Nephilim meno esoterici ed i primi Cult. Gioverebbe forse al suono una maggiore pienezza, ma è un dettaglio che riguarda la produzione, non le capacità: stile, compattezza e tenacia non mancano. La dimensione live ben si addice al loro approccio diretto, genuino e frontale. Da tenere d’occhio. (Manuel Maverna)