recensioni dischi
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SIROM  "I can be a clay snapper"
   (2017 )

I Sirom sono Iztok Koren, Ana Kravanja e Samo Kutin, gruppo di polistrumentisti sloveni da poco tornati con “I Can Be A Clay Snapper”, disco che approfondisce la ricerca di un sound folk dagli scenari un po’ ancestrali e si rivela capace di evocare immagini della terra natia del trio. A partire da “Just About Awake (Malodane Budnost)”, gli sloveni raggiungono l’obiettivo con grande faciltà, accarezzando l’ascoltatore con gli archi e il banjo e suoni a tratti liquidi. Più serioso il tono di “Boats, Biding, Beware! (Colni, Cakam, Cuvaj!)”, in alcuni passaggi funereo, prima di una fase finale quasi impalpabile introdotta da una parentesi di percussioni tribaleggianti. “Everything I Sow Is Fatal (Vseje Usodno)” dopo un’intro distorta e acidula torna a esplorare paesaggi ancestrali anche grazie ai cori femminili e ad una fase finale che riprende il tema percussivo del pezzo precedente, seppur con un incedere parecchio più lento. “Maestro Kneading Screams Of Joy (Maestro Mane Vriskanje)” si schiude con un dualismo fra percussioni e violino dopo una lunga intro che lasciava presagire una piccola deflagrazione. L’umore cambia dopo la fase centrale e il pezzo si colora di tristezza, con il banjo a prendersi il ruolo centrale. A chiudere è “Ten Words (Deset Besed)”, con un minuto e venti di inquietudine. I Sirom sono gli autori di una proposta che può definirsi unica nel suo genere, oltre che affascinante. “I Can Be A Clay Snapper” è un lavoro convincente sul piano squisitamente tecnico, ma vanta anche una produzione impeccabile, capace di esaltare il suono dei singoli strumenti e di rendere contemporaneamente organico un discorso che verrà facilmente apprezzato da tutti gli appassionati di musica etnica. (Piergiuseppe Lippolis)