recensioni dischi
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DARTO  "Human giving"
   (2017 )

Sghembo, sbilenco, scentrato; a suo modo raffinato e cerebrale, di intima compostezza ed algido incedere come solo certi prodotti eminentemente intellettuali (penso ai Talking Heads, agli Slint, a Brian Eno) sanno essere, “Human Giving”, nuova fatica su label Aagoo dei Darto, quartetto originario di Seattle, è un rebus senza soluzione, discorso bislacco che rinuncia di proposito al suo centro di gravità per divenire epifania di una curiosa asimmetria. Prosciugato da inservibili orpelli e privato di ogni indizio di linearità, vaga pigro su una serie infinita di arie smozzicate ed inconcluse, altrettante discese in piccoli abissi mentali simili ad anfratti ciechi in un labirinto ombroso. Nel complesso tetro, venato da screziature che lo rendono sempre e comunque sbagliato in qualche misteriosa deriva, “Human Giving” è una serie di istantanee slegate unite dal fil-rouge di una disordinata melanconia di fondo. Ha qualcosa dei Pixies in una “No Self” sperimentale fra tempi dispari e disturbi, brandelli di Nick Cave in “Fell Ill” col suo debole crescendo monocorde à la Lou Reed, malcelate velleità art-rock (“Truss”, un po’ i Blonde Redhead degli esordi), passaggi armonici fuorvianti in un caracollare psych (“Guiding Light”), tracce consistenti di alt-country, un andamento disallineato, fosca imprevedibilità, sonorità sporcate ad hoc ed una scrittura mai docile. Una sostanziale slackness pervade tutto l’album, che arranca svogliato e indolente nella cadenza lo-fi di “I Am”, nel mood sbracato di “Aging” - sorta di boogie pulsante e malaticcio tra Velvet Undergound, Disappears e Sightings – come nella tenebra fitta di una “Within/Without” memore addirittura di Siouxsie, o nel pianoforte mezzo scordato della conclusiva “American Storyteller”, breve incubo allucinato à la Handsome Family. In mezzo, una ubriacante alternanza di voci (il baritono di Gordon De Los Santos ed i sospiri falsamente melliflui di Candace Harter) ricama contorsioni stravolte, dal fanciullesco incedere metronomico di “Omniscient” alla velata incoscienza di cui è figlia “Character Study”, apertura da National inghiottita da reiterazioni ipnotiche in una bolla di fitto nonsense. Sfasato ed abulico, “Human Giving” raccatta schegge e detriti rielaborandoli in forme inusuali, ergendo questa obliqua forma d’arte a tratto distintivo, raggiungendo in ciò una perfetta imperfezione, compendio di raggelante, rarefatta, asfittica, soffocante creatività. (Manuel Maverna)