recensioni dischi
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EUGENIO BENNATO  "Da che sud è sud"
   (2017 )

Eugenio Bennato è napoletano, classe 1948, musicista poliedrico e versatile. Nel 1969 fonda la Nuova Compagnia di Canto Popolare, punto di riferimento per tutta una cultura di musicisti alla ricerca delle propri radici, spaziando dalle sonorità etniche alla rivalutazione della musica popolare del sud Italia, partecipando anche nel 1972 al Festival dei Due Mondi di Spoleto. Bennato non si ferma lì ed inizia un percorso solista, in cui pubblica molti LP, volto alla sperimentazione e all’esplorazione di temi che rimangono marginali nella cultura di massa, come le storie di outsiders ed emarginati dalla società (celebre il lavoro "Brigante se more" e l'omonima ballata del 1979), realizzando anche brani per film e pièces teatrali. Nel 2008 partecipa col brano “Grande Sud” al Festival di Sanremo, prima grande occasione per l'artista di portare strumenti e ritmi della tradizione nazional-popolare della musica rituale del sud di fronte a una grande platea. È appena uscito il suo quattordicesimo lavoro solista: “Da che sud è sud”, titolo anche del primo brano dell'album e che è stato anticipato a maggio dal singolo “Eugenia e Hajar”. Già da subito si intuisce quello che sarà uno degli argomenti principali di questo disco, composto da dodici tracce, ovvero la questione della diversità tra un nord-ovest più sviluppato e ricco e un sud, del mondo come d'Italia, certo più povero a livello economico, ma più intriso di tradizioni e vitalità. Questo non è il solo tema sociale affrontato, infatti nel disco si alternano storie di brigantaggio, guerra, integrazione sociale, rivalutazione delle proprie radici, critica del rapporto tra la musica e i mass media e molti altri. I suoni che caratterizzano le varie canzoni sono ricchi di influenze della tradizione musicale del sud Italia con diverse contaminazioni di sonorità africane. Si fa un ampio uso di strumenti etnici come il tamburo, a cui viene dedicata un'intera canzone, “Vietato”, che racconta come durante il Concilio di Trento ne fosse stato bandito l'utilizzo poiché ritenuto uno strumento demoniaco (“Dice che così gira il mondo / come girava nel Cinquecento / quando i potenti del Concilio di Trento / si sono espressi al riguardo / Dice che il ballo tondo / sarà marchiato col fuoco eterno / che chi lo balla andrà all’inferno / e non farà ritorno”). Sono presenti anche diverse tarantelle, genere musicale a cui l'artista è particolarmente legato, come ad esempio “No logic song” e “Tarantella a sud di Mozart”, brano strumentale del 1988 in cui Bennato integra una componente vocale nella seconda parte. Nel disco sono presenti storie di rivendicazione sociale, che parlano di personaggi di diversa estrazione e provenienza, con il loro vissuto e una prospettiva che spinge l’ascoltatore a immedesimarsi in essi e nella loro visione: questo vale anche per figure vissute in altre epoche storiche (come ad esempio Garibaldi in “Mille diavoli rossi” e la storia di una bambina, “Angelina Romano, di anni nove, accusata di brigantaggio, fucilata” in un massacro del 1862), dove la distanza temporale si annulla, permettendo l’immersione in un altro mondo. Questo è il grande merito dell’artista: abbattere le barriere, valicare i confini, superare le divisioni esistenti per dare voce a realtà e identità spesso dimenticate, marginalizzate o viste in modo negativo dalla società. Egli non si limita a realizzare quest’intento nei testi, ma lo traspone anche nelle sonorità, dietro cui si intuisce un grande lavoro di ricerca: ecco che, oltre all’italiano, sempre presente, lingue diverse si mescolano nelle varie tracce, dall’inglese al francese, dall’arabo allo spagnolo fino al brasiliano, strumento con cui il musicista caratterizza e rende ancora più pregnanti le storie e i concetti espressi nelle canzoni. “Mòn pere et ma mère” riassume bene questi aspetti: Bennato, infatti, racconta in prima persona la storia di un ragazzo camerunese, Enrique Parfaict, i cui genitori si sono conosciuti in galera e le difficoltà che la vita gli mette davanti (“Mon père et ma mère / se sont connu dans la galère / comme héritage ils m’ont laissé / m’ont laissé dans la misère”), mentre “Eugenia e Hajar” racconta l’amicizia di due ragazzine che supera le barriere ideologiche e culturali tutt’ora vigenti. In questo album, vero e proprio meltin pot, è presente persino il latino, sintomo di una profondità intellettuale che si concretizza nei testi con riferimenti a eventi storici e personaggi di varie epoche, dai più famosi come Martin Luther King e Gandhi ai meno noti come Lombroso, teorico della fisiognomica criminale, o più lontani nel tempo (Martin Lutero), abbracciando pure la letteratura con la figura di Ulisse e citazioni colte. Non mancano canzoni contro l’industria musicale (“Questa non è una festa”, “Canzone di periferia”), in cui si porta avanti la validità artistica di una musica che non si piega a compromessi, e contro i conflitti (“Pas de Guerre”), che ne mette in luce l’inutilità e dannosità. In conclusione, “Da che sud è sud” è un disco colto, maturo, dalle sonorità interessanti e impregnato di contenuti. È evidente la grande ricerca ed esplorazione dell’artista, che non si è mai smentito né svenduto, mantenendo una coerenza artistica e non adagiandosi sulle conquiste raggiunte, ma tentando sempre di rinnovarsi e trovare nuovi linguaggi espressivi. La varietà di lingue e strumenti usati è ben amalgamata e riesce a essere funzionale e rafforzativa dei concetti espressi, non scadendo nel virtuosismo e contribuendo a realizzare un lavoro multiculturale, impegnato e sperimentale. (Bianca Bernazzi)