recensioni dischi
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L'AURA  "Il contrario dell'amore"
   (2017 )

Sono passati sei anni dall’ultimo disco di L’Aura (nome d’arte di Laura Abela, bresciana), “Sei con me”, preceduto da “Okimuki” del 2005 e “Demian” del 2007, che hanno consacrato il successo dell’artista, portandola a fare concerti in tutto il mondo e a realizzare numerose collaborazioni con vari artisti italiani (di grande successo il singolo duettato con Nek, “Eclissi del cuore” del 2011), nonché a partecipare per ben due volte a Sanremo, nel 2006 e nel 2008; molti suoi brani inoltre sono stati usati come colonne sonore di film e hanno vinto vari premi. Dopo un lungo periodo di silenzio, è quindi recentemente uscito il quarto album: “Il Contrario Dell’Amore”, prodotto e arrangiato da Simone Bertolotti (che ha lavorato anche con Laura Pausini ed Elisa) e mixato da Michael Brauer (tra le sue collaborazioni, i Coldplay e Paul McCartney); il disco è composto da tredici tracce ed è stato anticipato nei mesi scorsi da due singoli, “La Meccanica Del Cuore” e “I’m An Alcoholic”. In esso, L’Aura costruisce tre racconti, tre storie parallele tramite degli alter ego per descrivere e simboleggiare dei momenti e passaggi nella sua vita: Mary Jane, dall’omonima canzone di Alanis Morissette, Lucy, dalla celeberrima “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles, e Lisa, da “Sad Lisa” di Cat Stevens. “Mary Jane, con tutta la sua carica di rabbia e malinconia. Lucy, che racconta di un passato fatto di fughe dalla realtà. Lisa, la “ragazza magica”, che narra di come solo l'amore possa curare le ferite del passato. Lisa, Lucy, Mary Jane. Storie diverse, che tratteggiano tuttavia il ritratto di tre donne assolutamente non convenzionali, squisitamente folli nella loro fragilità”. Queste le parole della cantante bresciana per raccontare il suo progetto, definito come “un melodramma pop contemporaneo in tre atti” e che si propone di attraversare la musica pop-rock degli anni ‘60, ‘70 e ‘90, come suggerito anche dalle fonti a cui si è ispirata per i tre personaggi. Su questa linea si snodano i brani dell’album, in cui si alternano italiano e inglese, denotando una volontà dell’artista di non rimanere confinata nelle frontiere del nostro territorio, ma di arrivare a un pubblico maggiore, di poter diffondere la sua musica, oltre che di voler restare al passo con i tempi. Il tema principale è l’amore, nelle sue varie forme e con i suoi retroscena, prendendo coscienza del fatto che esso, se da un lato è capace di farci sentire felici e realizzati, di spingere a migliorarci, dall’altro è in grado di tirare fuori il nostro lato più oscuro, le nostre insicurezze, i nostri dubbi, talvolta instaurando un rapporto che diventa malato, fino alla dipendenza. Qua mi ricollego a una citazione molto famosa di Gottfried Benn, poeta tedesco: “Chi ama le strofe ama anche le catastrofi. Chi è per le statue deve essere anche per le macerie”. L’intento di L’Aura è proprio questo, mostrare l’aspetto negativo dell’amore e riconoscerlo come parte inscindibile e integrante di esso, nel bene e nel male. In questo lavoro, accanto a brani più lenti come “Cose così”, “L’Amore Resta Se C’è Una Fine” e “Portami Via”, in collaborazione con lo GnuQuartet, l’artista musicalmente ha sperimentato canzoni più ritmate e incalzanti, sia in italiano che in inglese, più vicine alle sonorità pop che rock (eccezion fatta per “The Bad Side”, in cui gli strumenti e l’arrangiamento si rifanno a un’atmosfera più “dura”), in cui il richiamo alla cultura musicale passata si fa sentire solo a tratti e si crea un clima di allegria che ha poco a che fare con il “contrario” dell’amore. Per quanto riguarda i testi, nonostante il grande impegno profuso, essi faticano a esprimere appieno il tentativo di sondare le oscurità e i lati negativi del sentimento; inoltre i tre alter ego creati non riescono a emergere né a distinguersi, di conseguenza risulta difficile cogliere le varie sfaccettature che l’artista si propone di mostrare. Sono forse più interessanti le canzoni in lingua inglese (“I’m An Alcoholic”, “Fear”), dove le parole ben si accompagnano al ritmo e la voce si accorda molto di più alla musicalità, assumendo una particolarità meno ravvisabile nei brani in italiano. In conclusione, “Il Contrario Dell’Amore” è un lavoro in cui L’Aura ha riposto molto impegno e molte aspettative, ma l’impianto melodico e la struttura dei testi risultano carenti di fronte all’intento per niente semplice di raccontare le ombre e gli inciampi, anche fatali, degli innamorati (più che dell’amore), per il quale è necessaria una maggiore introspezione non solo mentale, ma anche tangibile, espressa nel prodotto proposto. Nonostante questo, le canzoni sono comunque piacevoli nella loro allegria e leggerezza melodica, riuscendo a trasmettere un’energia che forse era proprio tra i maggiori scopi dell’artista. (Bianca Bernazzi)