recensioni dischi
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TRIO QUATER  "Trio Quater"
   (2017 )

Da Bergamo arrivano al loro esordio discografico i Trio Quater con l’omonimo disco. Un interessante biglietto da visita che porta la firma di Luca Brembilla (chitarra acustica), Marco Pasinetti (chitarra acustica e classica) e Jonathan Locatelli (chitarra acustica), sei mani, trenta dita e diciotto corde che in sei tracce strumentali esaltano l’udito affinandolo con suoni dalla ricercata finezza stilistica e sonora tra jazz e folk. Per scuotere l’animo di un ascoltatore non sempre servono parole ma le melodie giuste, che toccano le corde emotive esattamente come i tre virtuosi della chitarra toccano le loro sei corde. L’opening track è “The wizard” che in oltre sette minuti scalda l’ambiente con magiche atmosfere tra accordi che cambiano, si intrecciano nelle corde delle tre chitarre e si fondono fino a creare un capolavoro che appaga anche l’orecchio più critico. Un mago che tira fuori dal cilindro melodie sognanti in grado di far chiudere gli occhi all’ascoltatore per farsi cullare dal fluire degli accordi. Sonorità più nevrotiche e atmosfere gitane in “Para Ti”, seconda traccia che fa respirare un clima mediterraneo fatto di caldo, giornate assolate o serate al chiaro di luna, mentre nei quasi otto minuti di “Morning Glory” ci si apre ad una melodia ipnotica che conduce laddove l’immaginazione permette di arrivare. Una traccia che tira fuori un “prog acustico”, fatto di improvvisazione, di tempi variabili e di sonorità ammalianti che non stancano l’orecchio dell’ascoltatore. “Otra Vez” suona in un primo momento malinconica e crepuscolare per lasciare il posto ad un clima più vivace e “caliente”. Vivacità e calore che si ritrovano in “Colorando Il Colorado”, le cui note spensierate vibrano nell’aria per sei minuti e mezzo per condurre alla fine del disco con “Asturias”, i cui richiami alle atmosfere di “Para Ti” e di “Otra Vez” sono evidenti. Arpeggi che lasciano il segno e toccano un ventaglio di emozioni nell’animo umano, dall’inquietudine alla rilassatezza. In quaranta minuti i Trio Quater sono riusciti a dar voce a tre chitarre, facendole parlare linguaggi diversi e senza bisogno di pronunciare fiumi di stucchevoli parole. Un lavoro che, nella sua essenzialità strumentale (solo tre chitarre e nulla più) si presenta corposo nella sua dimensione sonora e, come un grimaldello, apre le porte dell’udito a chi vuole ascoltare musica immerso in un riflessivo silenzio. (Angelo Torre)