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NAKAMA  "Worst generation"
   (2017 )

''Nakama'' è una parola giapponese che significa "compagno", mio pari. La formazione con questo nome, fondata da Christian Meaas Svendsen, è un collettivo di cinque musicisti: cantante, pianista, contrabbassista, bassista, batterista; tuttavia a fatica distinguerete sempre gli strumenti. Le cinque tracce che compongono "Worst generation" (uscito per Nakama Records) sono frutto di un'improvvisazione strumentale simultanea, dove non c'è gerarchia né costruzione. Vengono pizzicate le corde, o tirate, o percosse in modo del tutto inusuale, Il lavoro è una registrazione di un concerto da cui si è pensato di farne un concetto. Il pensiero è andato alle definizioni delle ultime cinque generazioni del secolo, quelle ufficiali, che comprendono persone nate in un raggio di vent'anni. E' ovvio che non tutti riescono a riconoscersi, ed esistono numerose generazioni di mezzo. Anche perché l'appartenenza di una generazione si considera significativa non per l'anno di nascita, bensì da quando si raggiungono i 16 anni, fino ai 30 circa, cioè l'età in cui si inizia a vivere consapevolmente e prendendo delle decisioni caratterizzanti. Si è deciso di partire dal secondo dopoguerra, cioè dai nati dal 1925 al 1945, i cosiddetti "Lucky Few". Persone che hanno vissuto la guerra da piccoli, e da adulti hanno potuto vivere la ripresa economica degli anni '50 e '60. Vengono definiti anche "Silent generation" perché si sono formati nella recessione e nelle tirannie, nella paura di esprimersi in libertà, e a guerra finita hanno voluto trarre il meglio di quegli anni pensando soprattutto a lavorare, tralasciando ideologie nefaste. La "musica" di "Lucky Few" è un insieme di rumori rapidissimi emessi tutti a basso volume, la voce si limita a sospirare, anche se in maniera concitata. C'è fermento tiepido, come quello di formiche zelanti. Il volume inizia ad alzarsi dai loro figli, i "Baby Boomers", nati dal '45 al '65. Sono quei ragazzi che Louis Armstrong cantava in "What a wonderful world": "They'll learn much more than I've ever known". Ed ecco che le percussioni iniziano a bussare alla porta, la voce fa vibrare le labbra pronunciando una "b" in falsetto (un po' come l'inquietante intro sulla macchina gialla dell'inizio di "Shining"). Questi ragazzi non ci stanno a sorbirsi la camomilla amata dai genitori. Diventeranno surfers, beat, hippie (in Italia: battistiani), godranno dello sviluppo che papà e mamma hanno costruito, alzeranno la voce, e il pianista nel brano inizia a strimpellare direttamente le corde del pianoforte (scuola Cage). La fantasia al potere, la rottura generazionale mossa dal ritorno degli ideali, che si scontreranno con la prima crisi petrolifera del '73. Il disastro arriva con la terza traccia, "Gen X", con l'arrivo della Thatcher al governo inglese, il nichilismo del punk, l'eroina che si porta via i tanti delusi dalle speranze dei loro padri easy rider. Mtv diventerà il totem assoluto della controcultura, e nel pezzo, mentre il pianoforte si fa riconoscere, e la voce vira a versi gutturali sforzando l'epiglottide, i rumori anarchici dei brani precedenti si "organizzano" (si fa per dire) in un free jazz dal violino acutissimo che sovrasta il batterista, che batte il charlie con la velocità di un sismografo. Il grunge si porterà via gli ultimi depressi di questa generazione, consapevoli di sentirsi gli ultimi di qualcosa, in contemporanea agli yuppie che lo vivono in maniera dionisiaca, tirando coca e mangiandosi quanto più possibile. E faranno capolino i cosiddetti "Millennials", nati tra l'85 e il 2000. Il free jazz viene sostituito da tumulti di piatti e tamburi, di archetti battuti sugli strumenti a corde, mentre la voce prosegue i suoi gargarismi: ecco il modem a 56k, col suo rumore indimenticabile. I bambini si stupiscono di questa meraviglia della realtà virtuale. La tv commerciale rimbambirà per sempre questi ragazzi, come i cinepanettoni e la CULtura della velina. La viola ronza come una mosca attorno al pianoforte, che con delle disarmonie tenta di catturarla, ma alla fine restano solo le spazzole della batteria. Il quinto capitolo è il più lungo, dieci minuti, e porta il titolo della generazione Z, i nativi digitali: "Plurals". Per loro Internet è ovvio quanto la tv. Hanno vent'anni adesso, ed è difficile poterli definire mentre vivono. L'alea della musica diventa quanto più ostica e inafferrabile, con lunghe digressioni percussionistiche. Il contrabbasso fa vibrare intenzionalmente le corde sulla cassa del contrabbasso, creando quel rumore che solitamente si eviterebbe, e qui si esplora. La voce di Agnes Hvizdalek concede alcune note "normali", in mezzo ai gorgheggi sempre più stanchi. Qui maggiormente si avverte il dialogo tra il silenzio, le pause, ed i rumori e i suoni, fino a finire senza preavviso. Cosa sarà dei nostri figli? Pensando a Ghali, "fumiamo i casini, beviamo i problemi". Nulla di nuovo dunque, è inutile tentare di trovare la peggior generazione, che a mio avviso potrebbe essere quella non citata qui: la cosiddetta "Greatest Generation", che si autoproclama la migliore, quella che portò alla bomba atomica. I Nakama ci lasciano nel dubbio, con queste fumose improvvisazioni dada. (Gilberto Ongaro)