recensioni dischi
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CULT OF MAGIC  ":O"
   (2017 )

A Milano, il collettivo Cult of Magic si presenta come misterioso, e misterico. Non ci viene detto né il nome né il numero dei partecipanti a questo progetto, che esordisce con un Ep dal titolo che corrisponde all'emoji dello stupore,":O", il quale, prima dell'ascolto, presenta molte premesse concettuali. La musica è ben riconoscibile: un indie rock psichedelico che utilizza suoni lo-fi, mischiando elettronica, noise e suono grezzo. Il sound ricorda un po' il Bugo degli esordi, i testi decisamente no! Sono metà in inglese metà in italiano, ma per giungere a quelle parole è stata effettuata una ricerca piuttosto vasta. Cinque sono i brani, divisi idealmente in tre e due, come nei lati di un vinile. I primi tre descrivono una situazione di guerra interiore ("Molotov"), la sua fine e lo smarrimento che ne consegue ("Superstiti"), e la rottura col passato per la ricostruzione, che porta con sé degli strascichi ("Abbiamo perso la guerra"). In "Molotov" spicca un suono di synth che ammicca al theremin, mentre in "Superstiti" la parte testuale in italiano è tutta spostata a destra, se si ascolta in cuffia: "Ci penseranno i superstiti di una guerra contro di noi". Godibili i suoni di chitarra elettrica, effettati con varie distorsioni e tremolo. In "Abbiamo perso la guerra", pezzo della durata di poco più di un minuto, fa incontrare un'elettronica satura con alcuni estratti dal Bollettino della Vittoria, documento ufficiale col quale il generale Armando Diaz annunciò la vittoria dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale, il 4 novembre 1918. Il contrasto resta nella domanda irrisolta: abbiamo vinto o abbiamo perso? E cosa cambia? Il brano che da titolo all'Ep, ":O", è caratterizzato da due elementi principali: un giro di chitarra acustica sul quale viene cantata una sorta di ninna nanna, e un giro elettrico dove il lead di tastiera è incisivo, entra facilmente nella memoria dell'ascoltatore. Il testo, in inglese, è tratto dalla Bibbia, precisamente dalla Prima Lettera ai Corinzi: "When I was a child, I talked like a child, I thought like a child, reasoned like a child". Il bambino che ragionava come tale, rappresentato nel videoclip sottoforma di un gattino, compare in dissolvenza accanto ad alcune tragedie che hanno segnato la nostra storia recente, dall'assassinio di Kennedy all'attacco alle Torri Gemelle. Implicitamente si può intuire il contrasto tra la ninna nanna e il riff elettrico ossessivo. L'ultimo capitolo, "Betty", è una ballata sgangherata, con una chitarra acustica suonata facendole fare crunch, gradualmente circondata da suoni allucinatori elettronici. La voce si perde nei suoi echi, e più che cercare un senso in questo caso è meglio viverla come un'esperienza. Un po' breve, si poteva allungare di più questa canzone, dato che per come è strutturata invita proprio al trip. Se il collettivo si esibisce dal vivo, sarebbe curioso vedere come sviluppa "Betty" in quell'ambito. Ad ogni modo, i Cult of Magic dichiarano di voler tralasciare la razionalità, per entrare nel mondo delle Arti Magiche. Forse l'obiettivo è un po' pretenzioso, ma è molto interessante l'idea di unire estratti biblici a discorsi storici, frullati in una musica che tramite la psichedelìa cerca di divenire esoterica. Se al giorno d'oggi c'è un ritorno alla superstizione e alla religione nell'accezione più oscurantista, perlomeno qui abbiamo degli indizi che invece portano ad una mistica ben diversa da quella religiosa, più luminosa. E se è vero che tutto si trasforma, in una circolarità senza inizio e fine, l'indizio principale sta nella morfologia del titolo dell'Ep, scelto non a caso. Buon oroboro a tutti, ad maiora! (Gilberto Ongaro)