recensioni dischi
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PAOLO TOCCO  "Ho bisogno di aria"
   (2018 )

Cosa stiamo diventando? Dove finiremo di questo passo? Domande tanto ricorrenti quanto mai urgenti, per provare a sbloccare questo voluto meccanismo di auto-distruzione che minaccia non solo la cultura e i valori ma soprattutto l’intelletto umano che, mai come oggi, vive uno sbandamento senza precedenti ma, ancor più triste, con la consapevolezza di non voler più lottare per una ripresa. E’ questo (e moltissimo altro) il panorama riflessivo che ci porge Paolo Tocco col nuovo album “Ho bisogno d’aria”. Immaginate una semplice chiacchierata tra amici ma di spessore, che non si arroga il diritto di elargire soluzioni a destra e a manca, a mò di tuttologi modaioli, ma si limita, semmai, a dire la sua con pregi e fisiologici difetti umani. Certamente, l’artista di Chieti è lungi dall’escludersi da come si sta graffiando la storia, piuttosto che scriverla. Si evince, però, che finchè avrà un filo di energia spirituale, lo metterà a disposizione per “urlare” sottovoce quello che non quadra: non con l’arroganza e la presunzione che monta di questi tempi, ma con rispettosa autorevolezza, figlia di coloro che sanno l’importanza di preservare l’opinione costruttiva e la vita che conta realmente, non quella artificiosa di social, insulsi talk-show e chimerici talent che non fanno altro che trasmettere torpore analitico. Il singolo “La città della camomilla” esplica in pieno la suddetta idea, col serio pericolo che, ormai, la noia abbia preso il sopravvento nelle lamentele, rafforzando l’inerzia a favore della sedia gestatoria di ridicoli tronisti, vacui opinionisti del bla-bla e insignificanti influencers. Le trame melodiche di Paolo hanno quell’antico gusto fatto di garbate narrazioni e spilli arrotondati, che pungono quanto basta, per non esondare mai nella prepotenza o nella soverchieria del ruolo che ricopre. Imbarazzante fare una scelta tra gli 11 pezzi di “Ho bisogno di aria”: è tutto un fluire magnetico e stiloso, e non c’è “skip” che tema: dalla title-track a “Madre terra”, ogni episodio è uno spunto luminoso per ritrovare sé stessi e combattere lo smarrimento spirituale e lo stordimento soporifero tracciato, capziosamente, dalle istituzioni. Percepire, all’istante, tanto cuore in un lavoro è piuttosto rilevante, e talmente sorprendente che non alimenta sospetti strategici. La riprova? Non bastasse il disco, Paolo Tocco ha dato alle stampe anche un omonimo romanzo, per rafforzare la veglia sulle tematiche che caldeggia a dismisura e che appoggiamo con pieno sostegno. Quindi, fiducia incondizionata a Paolo, che non sta di certo con le mani in mano: musicista, produttore, scrittore, recensore. Altri titoli, come “Bella Italia” o “Bolle di sapone”, ci indicano come il Nostro non disdegni neanche un’equilibrata ironia, alquanto preziosa, per tuonare sul concreto pericolo che, fino a quando penseremo soltanto al nostro gelosissimo tornaconto, non potremo più dichiararci “comunità” e, ancor più grave, permetteremo a Lor Signori di godere, in eterno, di quel gongolante lasciapassare di spudorati profitti e arroganti privilegi, concessi da un popolo amorfo ed inerme. (Max Casali)