recensioni dischi
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LE FAUX ENSEMBLE  "Double bind"
   (2018 )

Proposta che appare fin da subito come eminentemente intellettuale, quella de Le Faux Ensemble è forse una sottile provocazione colta che veste i panni di una ricercatezza mai ridondante né eccessiva. Basato a Nantes, è un quartetto ideato e perfezionato da Benjamin Jarry, compositore e violoncellista inizialmente bassista di area post-rock e solo tardivamente convertito al più nobile strumento. Giocando con una dotta ibridazione di minimalismo e pop strumentale travisato, alle prese sì con ascendenze neoclassiche, ma sempre rivolto ad una rilettura edulcorata di istanze elitarie piegate alla fruibilità popolare, Jarry – anche artista visuale ed autore di musiche per il teatro contemporaneo – conduce la sua creatura attraverso i meandri di una musica poliedrica, ricca di un fascinoso magnetismo. “Double Bind” si snoda sinuoso tra le volute morbide di un conturbante fluire incentrato su figure ripetitive: i quattro movimenti che lo compongono non sono immediatamente ascrivibili ad alcun filone in particolare, fondati come sono su elementi mutuati da svariati ambiti. Azzardano così echi jazz al limite del ragtime nella conclusiva “End Credits”, altrove veleggiando dalle parti di una sontuosa rilettura neocameristica che riunisce sotto lo stesso tetto Nyman e These New Puritans, Gershwin e Reich, raggiungendo l’acme della perfezione formale nella title-track, dieci minuti di incalzante e minaccioso lievitare in un dedalo di divagazioni free accostabili addirittura agli ultimi Godspeed You! Black Emperor. La raffinata ricercatezza dell’operazione non impedisce a Jarry e soci di imbastire partiture capaci di lambire il versante meno accomodante del pop, particolarmente nel crescendo nervoso degli otto minuti di “Heartless” con la sua insistita violenza pianistica o nell’avvolgente struttura a spirale che avviluppa i cinque minuti dell’iniziale “Apex’s Hapax”, prodigio di armonia nascosto in uno scrigno di rarefatta bellezza, emblema di un lavoro complesso protetto da una patina di ammaliante affettazione. Insieme a Benjamin Jarry hanno suonato Suzanne Fischer (violoncello), Sandy Ralambondrainy (pianoforte) e Clara Bodet (clarinetto). (Manuel Maverna)