recensioni dischi
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AMUSEMENT PARKS ON FIRE  "Our goal to realise"
   (2018 )

Segreto splendidamente custodito dell’indie albionico, gli Amusement Parks On Fire, originari di Nottingham, tornano a dare notizie di sé a otto anni di distanza da quel capolavoro minore che fu “Road Eyes”, fragorosa dichiarazione d’amore per sonorità shoegaze in cui le chitarre sommergevano tutto il possibile dilagando in un oceano elettrico sbavato e tremolo. E’ quindi già un piacere di per sé salutare la rentrée di Michael Feerick & soci, se non altro sapendoli vivi e vegeti a menare fendenti con la veemenza del bel tempo che fu. Certo, l’ombra lunga dei My Bloody Valentine è sempre lì a farla da padrona, sudario protettivo steso su melodie sfuocate. E la patina shoegaze che avvolge i loro brani è l’altro pezzo irrinunciabile del puzzle: la differenza l’ha sempre fatta il modo di cantare di Michael, non puramente piatto come quello di Zachary Cole Smith, nè nascosto alla maniera di Kevin Shields, non urlato come in certo emocore, bensì modulato in fogge differenti, eppure figlio di tanti padri. “Our Goal To Realise” è tutto qui: due soli brani, viatico magro ma gradevolissimo, come una pietanza deliziosa della quale assaggiare un unico boccone. Sommersa ed esaltata da un frastuono chitarristico probante, la title-track viaggia spedita riecheggiando non soltanto i modelli già noti, bensì perfino gli Smashing Pumpkins di “Machina”, in un gorgo stordente mai placato; e, tra Sunny Day Real Estate, Swervedriver e addirittura qualche scheggia di Snow Patrol, “Black Beacon Sound” si arrampica per cinque minuti su un beat trattenuto ed esitante fino a naufragare nel pulviscolo di una coda per piccoli rumori. Per ora stop: ma nello spazio di due soli episodi riescono sia a riaccendere l’interesse che fu, sia a porre nuove basi per una possibile evoluzione del loro suono e della forma-canzone a cui erano legati. Non è poco. (Manuel Maverna)