recensioni dischi
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QUMA  "De vulgari eloquentia"
   (2018 )

I torinesi Quma esordiscono con un lavoro concettualmente interessante, intitolato "De vulgari eloquentia", come l'omonimo trattato di Dante Alighieri sulla valorizzazione della lingua volgare, contrapposta al latino erudito. In parallelo, la band sente il bisogno di nobilitare il crossover rock, quello che dagli anni Novanta in poi fa incontrare stili diversi nelle chitarre elettriche, all'epoca un'operazione blasfema per i puristi. Forse non è un caso che, a fianco a questa musica meticcia, compaiano elementi di "tradimento" nei testi, come in "Judas", ispirata al traditore più famoso del mondo, e anticipata da un'introduzione goliardica, "Accipite et bibite". Il titolo non è un gioco di parole sulle bibite, proviene dalla formula per l'Ultima Cena in latino: "Prendete e bevetene (...)", e qui un organo da chiesa viene comicamente pitchato e modificato. "Judas" invece fa detonare un classico hard rock dal sound anni '70, anche se nel ritornello la voce urla forte con riferimento allo scream. "Don't forget to drink my own blood", ci ricorda un Gesù in versione superstar. Uno scenario di guerra, tra sparatorie e urla di generali, ci accoglie in "Friend or foe", ma la situazione bellica viene "rovinata" da risate surreali perché fuori posto; e parte una corsa da Led Zeppelin, sopra la quale la voce alterna fasi blues a scream da nu metal. Nel complesso la chitarra si mantiene settantiana, mentre la voce bazzica più tra i '90 e i '00. "Oblivion" inizia con un arpeggio efficace, suonato con la convinzione dei Boston, per poi ospitare a sorpresa un virtuoso flauto traverso che caratterizzerà tutto il brano, sostenuto da decisi riff rock. "Funky machine", come fa intuire il titolo, è un funk rock che rimanda direttamente ai Faith No More; introdotta da un basso groovoso, porta un'intenzione saltellante coinvolgente. "Filthy beauty" infine è un pezzo che supera gli 8 minuti ma non li fa pesare, tra variazioni psichedeliche, ritornelli urlati à la A (quelli conosciuti per "Nothing") e tastiere acide. I Quma partono con delle buone premesse come personalità della proposta, sia concettuale che musicale; c'è un po' da migliorare la precisione del batterista, che a volte fatica sul cimbalo di "Friend or foe" o sulla rullata dello stesso pezzo; al chitarrista sfugge qua e là qualche accordo ritmico, ma son tutti dettagli che non influenzano l'ascoltatore medio, che ascolta il prodotto nel suo complesso; e quello invece è promettente. (Gilberto Ongaro)