recensioni dischi
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THE EX  "27 passports"
   (2018 )

L'anno prossimo gli olandesi The Ex compiranno 40 anni di carriera, e tuttora mantengono la freschezza e la creatività di sempre. Dopo aver suonato in giro per il mondo, anche in Etiopia, arrivando a quasi duemila concerti all'attivo, la band fa uscire "27 Passports", tredicesimo album in studio, accanto alle molteplici collaborazioni negli split records, agli Ep, album dal vivo e compilation. E nel corso degli anni e delle sperimentazioni varie, il suono resta immutato e poco propenso alla stanchezza. Una formazione priva di basso, sostituito da una chitarra baritonale. L'Lp inizia con la profezia di "Soon all cities", dove si prevede che presto tutte le città avranno le stesse rotonde, gli stessi ristoranti, governi, incidenti e monumenti. C'è un lungo crescendo rock, e ovviamente, viste le radici anarco-punk del gruppo, le classiche strutture delle canzoni vengono totalmente ignorate. "The heart conductor" è uno shuffle, ma la batterista Katherina Bornefeld non sceglie quasi mai formule ritmiche banali e immediatamente riconoscibili, quindi al primo impatto serve sempre un attimo di orientamento. "This car is my guest" sembra voler omaggiare i Talking Heads, tra la chitarra nasale stoppata à la "Psycho Killer", l'utilizzo dei campanacci alla batteria, e l'approccio della voce, isterica quanto quella di David Byrne. Il riff prolungato diventa alienante. La voce viene invece ipercompressa, come piace fare all'indie rock dei primi '00, in "New blank document", che basa la sua caratterizzazione armonica su un accordo diminuito, e questo basta a dare la cifra dello straniamento ricercato e ottenuto. La batterista diventa anche la cantante in "Silent waste", brano sulla silente distruzione del nostro pianeta. Torna la voce maschile di Arnold de Boer in "Piecemeal", ma la cosa che resta di più del brano è la lunga parte strumentale, trascinata da un'inquietante riff melodico; Arnold ad un certo punto inizia a battere le mani in levare, fino alla fine. Katharina torna a cantare in "Birth", mentre intesse un 5/4 reso confusionario dalle parti mescolate delle tre chitarre. Ancora tempi dispari con il travolgente strumentale ''Footfall'', in 7/8; mentre due chitarre creano i riff, la terza resta indisciplinata, virando sul noise. Noise che c'è anche nell'ultimo pezzo, "Four billions tulip bulbs", che con un ritmo incalzante fa gridare a de Boer: "It's the greatest business in the world!". Così si conclude una nuova esperienza per The Ex, mai sazi di giocare senza regole né vincoli, ed è invidiabile una carriera dove si riescono a mantenere l'atteggiamento e le intenzioni degli esordi, continuando a rimescolare le carte. (Gilberto Ongaro)