recensioni dischi
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TIFFANY  "Tiffany"
   (1987 )

Bei tempi, quelli. Tra lei e la compare Debbie Gibson (vedere recensione apposita, ma le potremmo fare in coppia, visti i paralleli) nel tardo 1987 si venne a creare un derby tra teenagers americane che tenne tutto il mondo musicale con il fiato sospeso, altro che Bush vs Bin Laden o Mughini vs Tifosi Inter. Lei non era nemmeno malaccio, con capello rosso e maglione che anni dopo Samuele Bersani avrebbe preso in prestito per la cover di “Chicco e spillo”. Peccato che la truccassero come una insegnante di algebra con carenze affettive, ad appesantirne l’immagine giovanile. La facevano cantare nei parcheggi dei supermarket, quelli che di solito nei film dell’orrore sono teatro di sgozzamenti e carneficine di pazzoidi con fucile: intanto evitiamo le stragi, avranno detto, a meno che non sparino direttamente a lei. Bene che vada, vendiamo qualche disco. La cosa funzionò, e “I think we’re alone now”, canzonetta pop senza particolari motivi per restare nella memoria collettiva, salì le classifiche, tanto da avere l’onore di una parodia di Weird Al Yankovic (che ne dedusse una “I think I’m a clone now”. L’album fece la sua degna figura, con la vocina di Pel Di Carota che non andava oltre un “non so nemmeno se vorrei, ma comunque non posso”, sgocciolando un lento “Could’ve been” a mostrare le non mostruose doti canore della pulzella, e una cover dei Beatles da panico, “I saw him standing there”, forse ultimo sgarbo degli USA a chi, un tempo, aveva fatto inalberare i radical-religiosi per le dichiarazioni di Lennon su chi fosse più famoso tra loro e Cristo. Non c’era molto da fare: un secondo album che, malgrado un discreto “Radio romance”, navigò come uno sprinter sul Gavia, e il dimenticatoio presto addobbato con il suo nome sopra. Ne sarebbe uscita molti anni dopo, per un servizio su Playboy, a dimostrare come le principali doti della ragazzotta non fossero esattamente nell’ugola. Però all’epoca poteva piacere: c’erano anche le pareti delle camere dei maschietti, da addobbare di poster… (Enrico Faggiano)